I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

mercoledì 29 febbraio 2012

Monsters ( 2010 )


Monsters ovvero l'arte dello sci-fi low budget.
C'è modo e modo di far vedere un'invasione aliena al cinema e ciò dipende quasi esclusivamente da quanti soldi hai in tasca. C'è chi può spendere a profusione in effetti speciali e su quelli basa tutto o quasi (vedi La guerra dei mondi di Spielberg o anche il recente, immondo World Invasion per non parlare di Indipendence Day) e chi invece deve fare di necessità virtù, come il nostro valente Gareth Edwards,qui regista,  sceneggiatore, scenografo e direttore della fotografia. Un vero factotum insomma.
Per uno come lui l'invasione aliena diventa qualcosa da centellinare, nascondere il più possibile. Utilizzando intelligentemente la computer grafica riesce a decorare un film altrimenti abbastanza spoglio ma con una regia vivace che riesce a mantenere costantemente alta la tensione.
Monsters non è un film originale a partire dal titolo, direi abbastanza abusato. Andando a riassumere è una sorta di road movie in cui due americani si ritrovano nel bel mezzo del Centro America e devono assolutamente trovare la strada per tornare negli USA passando attraverso una zona cosiddetta infetta(il Messico guarda caso). Infetta di alieni.
E anche il muro gigantesco costruito sul confine tra USA e Messico,altro che muro di Berlino o Grande Muraglia Cinese, sembra poco utile a frenare l'invasione.
Monsters a causa del suo basso budget tende a somigliare a quegli imperdibili sci-fi anni '50 oppure anche a quei monsters-movies inseriti di diritto nella serie B cinematografica che accanto ad effetti visivi piuttosto rustici agivano molto sulle metafore e sulle paure degli spettatori.

Sicuramente siamo a un livello diverso, ma qui le metafore abbondano : il muro divisorio, il trattamento agli immigrati messicani, gli "effetti collaterali" dei bombardamenti che in realtà fanno strage di civili magari senza neanche centrare l'obiettivo prestabilito(e anche se lo centrassero il discorso non cambierebbe di una sillaba).
Il paragone più immediato che mi viene nel cinema recente è District 9 che sotto la patina dello sci fi nascondeva un forte messaggio antirazzista.
Gareth Edwards spara quasi tutti i suoi effetti speciali nel finale in cui si vede l'incontro "affettuoso" di due alieni , una sequenza potenzialmente ad alto rischio di ridicolo involontario ma che il regista risolve con efficace stringatezza.
Ben assortito il duo di protagonisti mentre qualche volta i dialoghi lasciano a desiderare(e ciò è dovuto probabilmente al fatto che interagiscono, improvvisando senza copione, con attori non professionisti).
Monsters è comunque prodotto ben curato visivamente,nonostante il budget ridotto all'osso(800 mila dollari).
E'un messaggio a chi crede che per fare un certo tipo di cinema sono indispensabili fiumi di dollari e vagonate di effetti speciali.

( VOTO : 7 / 10 )  Monsters (2010) on IMDb

Polisse ( 2011 )


Polisse è un tuffo improvviso nell'abisso. Subito dentro un ufficio proprio mentre una bambina col suo viso angelico sta raccontando di cose irripetibili che ha subito.
Il terzo film di Maiwenn ( che per strada ha perso il cognome Le Besco) che ha per titolo la storpiatura infantile di Police  è un poliziesco sui generis, in realtà realizzato con la tecnica più del documentario che della fiction.
Molte ore di  girato e poi scrematura progressiva con ampia libertà concessa agli attori di improvvisare su uno spartito in realtà molto particolareggiato.
La violenta forza centripeta del film permette di familiarizzare subito con nomi e facce alla stessa maniera di come succedeva in Legge 627, capolavoro targato Bertrand Tavernier, o anche in Le petit lieutenent, eccellente film inedito in Italia di quello stesso Xavier Beauvois che poi sarà conosciuto da noi con il doloroso Uomini di Dio.
Però Maiwenn non si limita solo alla documentazione pedissequa della difficile realtà che si vive al BPM (Brigade de Protection des Mineurs): soprattutto nella seconda parte accetta anche il rischio della ridondanza della deriva sentimentale (alla maniera di Police di Pialat) allorchè progredisce la relazione sentimentale di Fred, uno dei componenti della squadra e di Melissa, fotografa incaricata dal Ministero degli Interni di fare un reportage sul lavoro di questi poliziotti di seconda linea come erroneamente ritengono quelli appartenenti a divisioni nominalmente ben più importanti.

Non sanno a che tipo di sollecitazioni psicofisiche sono esposti questi coraggiosi servitori dello Stato, in un reparto dove è ben tangibile il concetto di perdita dell'innocenza, di traumi infantili, di crimini contro la moralità. E i bambini,soprattutto i più piccoli sono vittime praticamente inconsapevoli.
Gente di tutte le classi sociali (il maltrattamento dei minori o la pedofilia sono crimini assolutamente non classisti ma percorrono trasversalmente la società) si avvicenda negli interrogatori, cercando di far passare per normali gesti maniacali che non hanno nulla di fisiologico, quasi cercando di convincere chi sta dall'altra parte della scrivania che in fondo non c'è nulla di male in qualche avance(piccola o grande che sia , anche il mezzo stupro come lo chiamano loro è crimine gravissimo) visto che chi è direttamente interessato  non si lamenta.
Polisse procede spedito nella sua coralità verbosa,tra riunioni ed esercitazioni, un magma incandescente di sequenze ad alto ritmo per un montaggio veloce senza mai essere frenetico, un turbine di avvenimenti che descrivono come meglio non si potrebbe la quotidianità di una stazione di polizia , dalla continua lotta coi superiori per avere la libertà d'azione necessaria, ai piccoli battibecchi quotidiani di persone costrette a stare gomito a gomito molto più di quello che vorrebbero.
Anche quando sono fuori servizio trovano il modo di festeggiare qualcosa tutti assieme.
Le vite private vanno così a farsi friggere schiacciate da un lavoro totalizzante e che svuota di ogni energia fisica e nervosa.
Polisse non è alla ricerca dello scandalo gratuito: i casi trattati sono tutti ispirati a reali verbali ma i particolari potenzialmente pruriginosi sono tenuti abbastanza sullo sfondo provocando shock nello spettatore più con il non detto che con il detto.
Quello che stupisce è l'atteggiamento dei sospetti colpevoli che sembra quasi inconsapevole della gravità dei propri gesti. Ignoranza? O incapacità ad assumersi le proprie responsabilità come ammettere per esempio di essere malati di pedofilia?
Curiosa la scelta da parte di Maiwenn di ritagliarsi la parte di Melissa, l'inviata del Ministero degli Interni che documenta fotograficamente il lavoro della squadra.

E' una parte che ha un evidente significato simbolico, è la visualizzazione della presenza concreta dell'autore nel bel mezzo della scena come per rispondere a un'ulteriore anelito di realtà.
Meno curiosa e sicuramente più banale la scelta di delineare per sommi capi la sua storia d'amore con uno dei poliziotti della squadra, al costo di lasciare una nebulosa relazione con un ricco italiano(piccolo ruolo interpretato da Riccardo Scamarcio che almeno non fa danni) padre delle sue due figlie.
Se poi ci si sofferma per un attimo a pensare che questa relazione esiste anche nella vita reale allora il corto circuito è servito.
Ma è un peccato veniale in un film ipertrofico che probabilmente concede il fianco a qualche critica solo per eccesso di generosità, per l'ansia genuina di raccontare.
Critiche che per quanto mi riguarda sono assolutamente fuori luogo.
Polisse è un piccolo capolavoro, un film documento che racconta il nuovo millennio alla stessa maniera del Cantet di La Classe o del Kechiche de La schivata anche se nel film di Maiwenn non si parla solo dei figli maledetti della banlieue ma si fa un discorso più generale.
Eccellente il cast che fa a gara per rubarsi la scena per due ore serratissime di film in cui le emozioni si accavallano le une alle altre.
La vicenda di Polisse non ha inizio ma ha una fine improvvisa e inaspettata.
Perchè un simile fardello può essere troppo greve da sopportare.
(Meritatissimo) premio della Giuria a Cannes 2011.

( VOTO : 9 / 10 )  Polisse (2011) on IMDb

The Eagle (2011 )


Ovvero alla ricerca dell'aquila perduta.
Il giovane ufficiale Marco Flavio Aquila ( nomen omen) viene mandato a dirigere una guarnigione nei dintorni del leggendario Vallo d'Adriano, oltre cui sembrava dovesse finire il mondo per come era preda di barbari, un pò come viene mandato il soldatino americano nel forte in mezzo al territorio indiano.
E succedono esattamente le stesse cose con assalti all'arma bianca da parte degli autoctoni che stavolta si trovano a combattere contro la testuggine romana costretta però a ripiegare frettolosamente prima di essere fatta a fette da biga accessoriata di lame letali.
Effettivamente The Eagle sembra un western per legionari  e barbari. 
In realtà c'è anche un processo di conoscenza reciproca allorchè l'ufficiale dopo aver salvato un giovane britanno dalla morte in un mini colosseo ( perchè poi..) lo prende come suo schiavo e se lo porta nel cuore del territorio dei barbari (popolo delle Foche) per recuperare l'aquila che suo padre aveva perduto una ventina d'anni prima scomparendo misteriosamente con la sua IX legione.
Una volta passati di là e venuti a contatto con i barbari però al romano toccherà fare lo schiavo in un improvviso riblatamento di ruoli..
La chiave di lettura più immediata di The Eagle è il viaggio di formazione catartico per recuperare l'onore perduto.
Marco Flavio Aquila elimina tutte le sue chiusure mentali, si schiera dalla parte dell'amicizia aborrendo gli intrighi di palazzo e gli ipocriti giochi di potere.
Un po' semplicistico, sicuramente antistorico (ma non è un delitto che McDonald si disinteressi alla storia per organizzare la fiction) dalle parti della retorica soprattutto nel finale ma dal sicuro impatto spettacolare.

Il rapporto tra il romano e lo schiavo britanno Esca diventa anche qualcosa di più profondo, un'amicizia virile a tutto tondo che in certi frangenti fa pensare alla visceralità del rapporto tra Spartaco e Antonino in Spartacus di Kubrick.
Un rapporto ambiguo che McDonald tiene abbastanza in ombra preferendo concentrarsi su altro.
Tra echi (vicini) de Il Gladiatore e di un Centurion con meno sangue e quelli un pò più lontani di Valhalla Rising (per l'uso delle musiche e degli esterni nella seconda parte) o di Apocalypto ( i guerrieri iconograficamente sono praticamente identici a quelli del film di Gibson), The Eagle acquista una sua cifra stilistica di robusta spettacolarità nelle numerose scene di battaglia che confermano la bravura di McDonald nell'usare la cinepresa.
Per una volta la mascella di granito di Channing Tatum non combina danni mentre  Jamie Bell si rivela ancora una volta bravo.
Belle anche le musiche che al posto della marzialità della partitura scelgono un approccio più folk e atmosferico.
Non un film irresistibile ma un vero peccato che da molti sia bollato solo come una posticcia imitazione de Il Gladiatore.

( VOTO : 6,5 / 10 )  The Eagle (2011) on IMDb

Blind ( 2011 )



Blind è un thriller  che non ha nessuna pretesa di voler riscrivere le regole del genere.
E' semplicemente la testimonianza che il cinema sudcoreano quando si tratta di narrare le gesta di serial killers può insegnare molto a tutti, americani compresi.
Una ragazza scomparsa, vittima di un pirata della strada, la polizia come al solito brancola nel buio come si suol dire però stavolta ci sono due testimoni: peccato che uno di questi è Soo-ah, una ragazza non vedente (ma ha l'acutezza degli altri sensi simile a quella di Spider Man e una capacità deduttiva non inferiore a quella di Sherlock Holmes) e l'altro è una specie di disadattato con capigliatura punk, Gi-seob che racconta una versione diametralmente opposta a quella della ragazza.
C'è spazio per i traumi pregressi della ragazza, cresciuta in orfanotrofio, ex studentessa all'Accademia di Polizia e causa involontaria della morte di suo fratello e per l'evoluzione in positivo degli altri  personaggi principali del film: Gi-seob, che alleandosi con Soo-ah cercherà di salvarsi dall'efferatezza del serial killer responsabile della scomparsa di diverse ragazze e il poliziotto incaricato del caso che da una posizione inizialmente scettica riguardo alla ragazza poi con il suo ausilio cerca di rimettere assieme tutte le tessere del puzzle.
Blind non è un whodunit: scopriamo subito l'identità del killer, seguiamo i suoi movimenti, conosce la testimone mentre lei riconoscerebbe solo la sua voce.
E il lato thrilling del film aumenta perchè accanto alla solita, cronica incapacità della polizia ( un classico nel cinema coreano di genere) assistiamo a un gioco perverso tra il carnefice e quella che potrebbe diventare la sua prossima vittima, la testimone.

Sotto certi aspetti è una pellicola abbastanza convenzionale, lo spunto non è inedito(partiamo dagli anni 60,con Occhi nella notte con Audrey Hepburn e dagli inizi degli anni '70 con Terrore cieco interpretato da Mia Farrow) ma il film funziona per una serie di invenzioni visive(la continua ricerca di trovare una visuale partendo dall'handicap di Soo-ah) e  sequenze ad alta tensione emotiva tra cui quella bellissima dell'inseguimento a piedi tra il killer e Soo-ah ambientato nella stazione della metropolitana con lei  videoguidata da Gi-seob che le indica la strada da prendere basandosi su quello che vede dalla telecamera del telefonino della ragazza.
Anche il finale all'orfanotrofio è degno di menzione nonostante l'acre aroma del deja vu.
Blind non è un film ad alto tasso di originalità ma si inserisce senza sfigurare nel solco di thriller come I saw the devil, The Chaser , No Mercy Our Town solo per citare i riferimenti più immediati.
Non ha pretese autoriali ma garantisce due ore di intrattenimento di buon livello con una confezione professionale che accompagna una storia ben congegnata.
Uscito ad agosto del 2011 in un buon numero di copie in Corea del Sud, si è mantenuto nelle prime posizioni del box office per alcune settimane riscuotendo un discreto successo di pubblico. 

( VOTO : 7 / 10 ) 
Blind (2011) on IMDb

Secret reunion ( 2010 )



Secret Reunion parte come un bolide lanciato a folle velocità. Due sicari nordcoreani in missione e una squadra di agenti segreti sudocreani che dà loro la caccia hanno un incontro piuttosto movimentato.
I primi 20 minuti sono al calor bianco con efferati omicidi a sangue freddo, molti corpo a corpo a suon di pallottole e arti marziali, un folle inseguimento per le strade e i vicoli della città.
Finita questa emozionante prima parte, il film cambia pelle: quelli che abbiamo individuato come protagonisti, Han gyu, il capo degli agenti sudcoreani, è licenziato e il giovane Ji won, tagliato fuori dai suoi compagni del Nord, si ritrovano dopo 6 anni casualmente, si riconoscono l'uno con l'altro ma fanno finta di nulla.
Cominciano a lavorare assieme all'agenzia di Han gyu che riporta a casa mogli fuggite dai mariti.
Lo fanno per controllarsi. Il film a questo punto diventa una sorta di buddy movie con accenti anche comici.
I due giocano a fare le spie in un contesto ormai cambiato ma tutto ciò può essere inquadrato nell'ottica di una riflessione non banale sul difficile rapporto che hanno i coreani del sud con quelli del nord. Stesso retroterra culturale, stessi riti millenari, stessa lingua ma ostilità indotta da ragioni di opportunità politica da parte dei capi supremi.
Il rapporto tra i due è inquadrato nell'ottica di una guerra "fredda" tra le due Coree che  tecnicamente risultano tra loro ancora in guerra (nel '53 è stato firmato solo un'armistizio e non una pace per far terminare ufficialmente il conflitto).

L'intuizione di Hu Jang, regista formatosi alla scuola di Kim Ki Duk ma con uno stile molto diverso dal maestro, con un modo di usare la cinepresa che lo avvicina per certi versi più al cinema di Johnnie To nelle bellissime sequenze action caratterizzate dall'uso creativo del pianosequenza e della camera a mano, è quello di dare al film il tono più lieve possibile soprattutto nel rapporto tra i due protagonisti che sono veramente ben assortiti tra di loro.
Abbiamo così un'alternarsi tra parti squisitamente action ( quelle in cui è presente anche il temibile sicario nordcoreano detto Shadow, una macchina letale accompagnato sempre dalla sua  pistola col silenziatore),  inseguimenti da spy story,  duetti al limite della commedia ( anche oltre talvolta) e  melodramma ( classico  ingrediente di molto cinema coreano).
Un pout pourri indubbiamente gradevole ma che scivola via lieve , senza lasciare troppe tracce come una bibita estiva.

Secret reunion è un film che non nasconde di ispirarsi decisamente al modello americano (ricalcato in un finale che scandalizzerà sicuramente molti puristi di cinema coreano) ma lo fa con una tecnica al di sopra di ogni sospetto. 
Punta sulla simpatia di un attore completo e versatile come Song Kang-ho credibile sia nelle sezioni action (quando si tratta di menare le mani) che nella recitazione pura.
E' stata la vera sorpresa al box office coreano del 2010, piazzandosi con oltre 36 milioni di dollari incassati al terzo posto assoluto della classifica annuale, dopo The Man from Nowhere e Inception
Secret Reunion è il classico esempio di blockbuster che non rinuncia all'intelligenza.
E' un piacevole esempio di cinema "medio" che intrattiene senza nascondere la propria vocazione commerciale.

( VOTO : 7 / 10 ) 
Secret Reunion (2010) on IMDb

Tidal wave ( 2009 )



Tidal wave al momento rappresenta uno dei pochi esponenti della Korean way di fare disaster movies, genere americano per definizione.
Genere che poi al botteghino è sempre premiato, come fu nel caso The Host(Gwoemul) di Bong Joon Ho del 2006,premiato da incassi stratosferici e oltre 13 milioni di biglietti staccati e come è il caso di questo film di Je-gyun Yun, un passato remunerativo nelle commedie, che nel 2009 è stato secondo al botteghino coreano inchinandosi solo al feomeno Avatar, ma raggranellando qualcosa come circa 11 milioni e mezzo di biglietti e più di 68 milioni di dollari al box office.
Se The Host con alle spalle un grande regista travalicava gli argini del semplice distaster movie ponendo questioni non banali come il rapporto di subalternità agli americani, le scelte cervellotiche dei militari e descrivendo una società coreana con molti problemi, Tidal Wave resta più fedele ai canoni del genere.
C'è l'introduzione di molte storie parallele che tendono a incrociarsi con un personaggio principale ( Sol Kyung-gu,attore feticcio di Lee Chang Dong che per questo tipo di cinema è veramente un lusso) simpatico e sbalestrato,con sensi di colpa per la perdita di un amico e collega di lavoro, una situazione economica che definire precaria è un eufemismo, una famiglia piuttosto pittoresca e una confusione sentimentale che lo rende ancora più vulnerabile.

Accanto a lui un fratello che lavora nella guardia costiera e parallelamente seguiamo la storia di un geologo, anche lui con situazione familiare disastrata( una costante del cinema coreano, qui si parla di uno scienziato idealista separato da una moglie arrivista in carriera e con una figlia che non sa nemmeno che lui è il padre) che scopre l'imminenza di questo mega tsunami, come lo chiama lui, che si abbatterà presto sulle coste di Haeundae, una delle località balneari più famose della Corea del Sud.
Nella parte in cui presenta tutti i personaggi la regia di Je-gyun Yun è assai più valida dei corrispettivi americani, alcuni dei personaggi sono tratteggiati con discreta cura e ci sono parentesi "leggere" che rendono il film uno scorrevole passatempo.
Ma il deus ex machina di film come questo è la rappresentazione della catastrofe: obiettivamente qui c'è ancora un pò di distanza dal modello americano ma molta meno di quella che ci si aspetta.
Il momento dello tsunami è saggiamente posticipato( diciamo che i primi effetti della catastrofe si cominciano a visualizzare  a circa due terzi del film) ma la computer grafica, pur con alcuni limiti è gestita in modo intelligente e non invasivo.

Gli effetti speciali, considerando il budget non elevatissimo per questo tipo di produzioni (si parla di 15 milioni di dollari che comunque è una cifra enorme per un film coreano), sono ottimi e anche dal punto di vista registico la gestione della parte del disastro ambientale è di buon livello.
In Tidal Wave non si inventa nulla, semplicisticamente possiamo considerarlo la risposta coreana ai disaster movies di Emmerich ma senza il tocco pachidermico del regista teutonico.
Tidal wave è un giocattolone tecnologico che si dimentica subito dopo la fine dei titoli di coda.
Però nel suo incedere classicamente hollywoodiano inserisce elementi tipici del cinema coreano a volte anche dissonanti col resto del film come un assurdo balletto tra i container che stanno cadendo da una nave su un ponte oppure varie baruffe sentimentali assortite che servono per alleggerire l'atmosfera.
 Il finale è riservato all'elaborazione del lutto ed emerge quel pizzico di retorica ad uso e consumo esclusivo degli spettatori coreani.
Le lacrime dopo la tempesta.

( VOTO : 6,5 / 10 ) 
Tidal Wave (2009) on IMDb

Quasi amici ( 2011 )



Driss e Philippe  non appartengono allo stesso mondo, sembrano provenire addirittura da pianeti diversi tanto è distante il loro modus vivendi.
Eppure trovano la maniera di incontrarsi, idealmente a metà strada. 
Philippe è un miliardario tetraplegico per un incidente col parapendio, Driss è un figlio della banlieue con qualche piccolo precedente penale, di origine senegalese e allevato dai suoi zii.
Philippe ha bisogno di assistenza continua 24 ore al giorno, ha un team di collaboratori che cerca di evitargli i "dolori fantasma" che lo perseguitano la notte.
Driss è la persona apparentemente sbagliata che si trova nel posto giusto al momento giusto.
Ma è l'unico che non mostra compassione per il miliardario, il solo che lo considera suo pari e non inferiore per l'impossibilità di muoversi.
Sono ambedue intouchables , l'uno per la condizione fisica , l'altro per la condizione sociale.
Eppure, per la proprietà fisica degli opposti che si attraggono, insieme fanno faville.
Da corse a 200 all'ora con la Maserati,alle battute di Driss sulla musica ascoltata dall'altro("forte Bach, il Barry White di quegli anni"), al respirare a pieni polmoni appena prima di buttarsi col parapendio il loro incontro arricchirà le vite di entrambi pur nelle rispettive differenze.
Il meccanismo comico nasce proprio dalla scompaginazione della vita amorfa di Philippe ad opera del lessico e dei modi bruschi ma genuini di Driss.
Uno vuole mantenere i piedi ben piantati a terra da perfetto uomo orizzontale, l'altro che ha i piedi privi di sensibilità aspira ad altitudini sempre maggiori, da perfetto hombre vertical.

Uno è tetraplegico, amante della musica classica, un cuore che gronda lacrime per una moglie amatissima persa troppo presto, una voglia matta di trasgredire e di godersi per quello che può un'esistenza altrimenti priva di slanci, ma anche  una paura incredibile nel cercare di rimettersi in gioco soprattutto sentimentalmente.
L'altro è un armadio d'ebano di quasi due metri d'altezza, amante del soul e degli Earth Wind & Fire, abituato a trasgredire( e a pagare per quello che ha fatto),  ha tutta la fisicità negata a Philippe dalla frattura di due vertebre cervicali e cerca semplicemente di tirare fuori dai guai se stesso per aiutare la propria numerosa famiglia.
Nakache e Toledano dosano benissimo tutti gli ingredienti a loro disposizione per una commedia di riconciliazione sociale incentrata su due protagonisti che sono uno l'opposto dell'altro.
Quasi Amici è il classico film medio che centra perfettamente l'obiettivo prefissato: si ride, mitragliate di buoni sentimenti e anche un pizzico di commozione.
Certo,non si può pretendere che  questa pellicoli entri in profondità nei temi importanti che la percorrono trasversalmente come il rapporto tra i normodotati e i disabili, la loro sessualità oppure il fermento  che rende  la società francese, una sorta di polveriera sempre sul punto di esplodere.
E proprio questo sfiorare questi temi importanti può essere una delle ragioni del successo stratosferico di questo film ( circa 18 milioni di spettatori in Francia, quarto incasso di sempre, trionfo al box office anche in Germania) .
Quasi amici è un film cristallino nel suo assunto, che non ha bisogno di troppe chiavi di lettura. con un personaggio come Driss in cui è facilissimo identificarsi per la maggior parte del pubblico.
Se Driss all'inizio del film sembra un elefante in una cristalleria man mano che passano i minuti assume sempre più le fattezze di un angelo custode.
Un cherubino d'ebano che si allontana sul lungomare.

( VOTO : 8  / 10 )



The Intouchables (2011) on IMDb

martedì 28 febbraio 2012

Troubleshooter ( 2010 )



The Troubleshooter è un ottimo esempio di cinema di genere,solido prodotto di intrattenimento che però ha quel quid in più che permette di elevarne il giudizio.
In questo caso il quid in più è rappresentato da una storia molto intricata, con molti colpi di scena che si susseguono a grande velocità, che avvince tenendo l'appassionato incollato alla poltrona per tutti i 100 minuti della durata( è un film relativamente breve per gli standard coreani) e da una messa in scena di grandissimo pregio.
Ci sono ottime scene action incastonate in momenti più leggeri che hanno il compito di creare pause ristoratrici in un film che fa del ritmo elevato la propria caratteristica principale.
Impossibile poi tacere di Sol Kyung gu,  attore tra i più famosi in Corea che per questo tipo di film è letteralmente una fuoriserie: ottimo nella recitazione e fisicamente in grado di sostenere sequenze molto movimentate (quando si tratta di menar le mani,insomma).
Accanto a lui uno stuolo di ottimi caratteristi e un paio di volti che sicuramente ritroveremo in futuro (Jeong -jin Lee ad esempio nella parte del feroce antagonista).
Tanti personaggi in campo, un killer psicopatico che agisce per vendetta, una sezione deviata  della polizia che agisce solo per il tornaconto personale del loro capo, politici corrotti, amici, fratelli di un tempo che ora sono diventati acerrimi nemici e un intrigo che coinvolge i poteri forti sono sono alcuni degli ingredienti che fanno di questo prodotto , un ottimo esempio di cinema che strizza l'occhio al pubblico senza per questo rinunciare alla qualità.
Inoltre c'è da sottolineare che in una vicenda dove non mancano gli omicidi e percorsa trasversalmente da una scia di sangue, il regista, Hyeok-jae Kwon, qui al suo esordio, è sempre ben attento a stemperare la tensione con momenti che rasentano la farsa anche all'interno delle sequenze più thrilling.

The troubleshooter ricorda molto il poliziesco americano d'annata con un intreccio mefitico di polizia corrotta, politica deviata e informazione manipolata.
La confezione però è assolutamente al passo con i tempi, l'uso della tecnologia è fondamentale ( il personaggio dell'hacker paraplegico che con i suoi computer di cui è stracolmo l'antro in cui vive isolato dal mondo, riesce a fare di tutto) e  gli standard tecnici sono quelli elevatissimi a cui ci ha abituati il nuovo cinema coreano.
Forte di una sceneggiatura ben articolata ad opera di Ryoo seung-wan già regista di City of violence e The UnjustThe troubleshooter si segnala inoltre per ottime sequenze di combattimento ben coreografate e per un incontro /scontro tra il protagonista e il killer psicopatico  che da solo vale il cosiddetto prezzo del biglietto.
Buon successo al box office, è stato presentato in concorso al Far East Festival del 2011.

( VOTO : 7,5 / 10 ) 
Troubleshooter (2010) on IMDb