I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

lunedì 27 febbraio 2012

Una separazione ( 2011 )


Una separazione non è il film iraniano che ti aspetti.
Non c'è una fotografia volutamente povera, non c'è un largo uso di attori non professionisti per rinsaldare ancor di più, se possibile, il legame stretto, soffocante che il cinema in quella terra ha con la realtà, non c'è quel cercare a tutti i costi la poesia nei piccoli gesti quotidiani, meglio se catturati nella loro spontaneità come se non ci fosse una telecamera a riprenderli.
Una separazione è film di raffinata confezione, ben fotografato e recitato ancora meglio ( peccato per il doppiaggio non sempre all'altezza), un je accuse ben mascherato su quello che è l'Iran oggi.
Un Paese cristallizzato nelle proprie insicurezze, impastoiato in un regime castrante ( mai mostrato) che ti fa chiedere se è meglio per un giovane crescere lì o altrove, facendosi una nuova vita.  
La bravura del regista sta nel muoversi nelle pieghe del discorso sociale senza incorrere in indiscreti sguardi dall'"alto", quegli stessi sguardi che hanno ridotto al silenzio Jafar Panahi relegandolo in una patria galera per 6 anni e con il divieto assoluto di fare film per 20 anni.
Un silenzio che equivale  alla pena di morte per un regista cinematografico.
Il film di Farhadi racconta apparentemente una piccola storia di una coppia che sta andando in frantumi per le diverse aspirazioni.
Lei, Simin, vuol rifarsi una vita all'estero con il sogno neanche tanto sottinteso di donare libertà alla figlia.
Il marito, Nader, invece ben a suo agio nella società maschilista che lo circonda naturalmente non vuole.
A  questa si intreccia la storia di un'altra coppia.
Lei , incinta fa la badante presso il padre di Nader e per un banale incidente perde il bambino che porta in grembo.
E cita in giudizio il suo datore di lavoro.
Una separazione mette impietosamente davanti all'occhio della telecamera le crepe che si stanno aprendo nella fragile società iraniana. E ci mostra una nazione nel guado, prigioniera di diktat religiosi anacronistici eppure spinta verso una modernità di tipo occidentale. 

L'Iran è un Paese giovane ma non per i giovani che sono la maggioranza della popolazione eppure costretti a trovare sempre nuove forme di ribellione civile( ben raccontate ne I gatti persiani, ultimo bel film di Ghobadi).
Se da una parte ci fa quasi sorridere la telefonata che fa la badante a una specie di pronto soccorso religioso per sapere se può vedere nudo un uomo di circa 80 anni e non nel pieno delle proprie facoltà mentali, dall'altra parte vediamo donne molto attive ed emancipate, guidano l'automobile(cosa per esempio proibita in Arabia Saudita che dal punto di vista politico è molto più occidentalizzata dell'Iran) e hanno comunque  voce in capitolo.
Simin richiede la separazione proprio perchè non si vuole sottomettere al volere del marito.
E  la loro relazione sull'orlo del baratro è sempre portata avanti con una civiltà che non ti aspetti in una società islamizzata come quella iraniana.
Una separazione è un film che coinvolge lo spettatore ponendolo di fronte alle ragioni di ognuno dei personaggi in campo, facendo vedere il tutto dalla loro prospettiva. 
In questo senso si spiega il massiccio uso della macchina a mano, o anche l'utilizzo insistito del pianosequenza sfuggendo anche all'alternanza , più conforme al gusto occidentale, tra campo e controcampo.   
Nel finale magicamente la cinepresa ritorna a privilegiare una prospettiva neutra ponendo lo spettatore di fronte a molte possibili soluzioni.
Nel film di Farhadi tutti hanno mentito o hanno qualcosa da nascondere, gli uomini hanno sempre la tentazione di prevaricare e di sfruttare a loro vantaggio il millenario maschilismo a cui sono stati educati.
Chi più chi meno. 
Il personaggio di Nader in questo senso è perlomeno abbastanza misurato.
Anche l'apparato burocratico che sostiene la giustizia fa una ben magra figura: la legge ciecamente e pervicacemente persegue un'arido concetto di giusto e sbagliato, oltre le considerazioni che fanno le parti in causa.
Una separazione è la testimonianza della modernità del cinema iraniano e del suo tentativo di far sentire sempre più forte la propria voce a dispetto di ogni forma di censura.
Perchè la censura è sempre sbagliata.

P.S. Una vittoria come Oscar per il miglior film straniero che piace. Ma dalla concorrenza era stato escluso il film migliore: Once upon a time in Anatolia di Nuri Bilge Ceylan.

( VOTO : 8 / 10 ) 

A Separation (2011) on IMDb

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