I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

lunedì 5 marzo 2012

Kinatay ( 2009 )


Kinatay è il resoconto di una notte di massacro (che è appunto il significato del titolo).
Un film il cui intento è trasudare realismo a ogni sequenza , un viaggio sola andata nell'inferno di una notte bastarda dopo la quale nulla sarà uguale a prima.
La realtà viene usata come corpo contundente e la cinepresa come megafono: dopo un inizio tra pranzi, matrimoni, lezioni di criminologia e la confusione disorganizzata di una città come Manila che sembra stata fondata dal dio del caos in persona, la vita del giovane Peping, fresco sposo e con un bimbo di sette mesi da far crescere cambia irrimediabilmente.
Un suo collega di corso lo invita a uno dei suoi raid notturni di fiancheggiamento alla malavita organizzata: si tratta di recuperare crediti ma stavolta forse è diverso. Rapiscono una prostituta che ha contratto troppi debiti per mantenere il suo bambino.
L'orrore ha inizio.
Mendoza in questa sua urgenza di realismo filma di notte lo stesso brulichio che agitava la Manila diurna però stavolta in digitale senza fonti luminose esterne: se nella prima parte il film era una sorta di excursus in un alveare umano, la notte di Manila è fatta di strade invase da veicoli di ogni tipo e da puttane agli angoli dei palazzoni a cui estorcere il pizzo.
Il lungo viaggio alla casa isolata dove avverrà l'irreparabile è solo una preparazione emotiva a quello che succederà dopo in spregio a qualsiasi rispetto per la vita altrui, specie se umana.
Il film di Mendoza è disperato, cinico nello stare lontano dai personaggi, il solo che ha un barlume di umanità è Peping che dopo una notte siffatta ha un conato di vomito che gli impedisce di mangiare assieme agli altri che hanno "fatto " lo sporco lavoro.
Per loro un lavoro e nulla più, per il giovane studente di criminologia qualcosa d'altro ma non si può avere comprensione della sua codardia,del suo silenzio pagato oro.
E quelli che hanno fatto lo sporco lavoro non sono niente altro che poliziotti che "arrotondano" le entrate con lo sfruttamento della prostituzione.

Il cinema di Mendoza è neorealismo nell'era digitale con forse un pizzico di retorica più del dovuto nella ricerca di fornire sempre la massima sgradevolezza.
Kinatay racconta di una notte che diventa anche una sorta di rito di iniziazione a quella che sarà la sua attività futura per il giovane Peping, con la sua bella maglietta del corso di criminologia.
Perchè già sappiamo che sarà obbligato a continuare nello sporco lavoro.
Magari sarà sempre un gregario,sarà sempre nelle retrovie o forse no.
Ma questo non aumenta certo la considerazione che si ha per lui.
Mendoza impedisce sistematicamente qualsisi tentativo di identificazione.
Quello che gli interessa è far partecipare emotivamente lo spettatore al sadismo collettivo della seconda parte di film. Ma forse finisce per attenuare questo senso di disagio con una ostentazione di realismo che lascia più interdetti che disturbati, forse perchè da sempre siamo abituati al luogo comune che il diavolo non è così brutto come lo si dipinge.
Kinatay è film che colpisce più le viscere che il cervello, è il diavolo e Mendoza è il suo sacerdote.
E sembra anche lieto di esserlo.
Pornografia del dolore? Non lo so,questo è il primo film che vedo del regista filippino quindi gli va dato il beneficio del dubbio.
( VOTO 7 / 10 ) Kinatay (2009) on IMDb

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