I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

sabato 30 giugno 2012

Bloodline ( 2011 )

Altro giro, altro regalo, altro horror italiano ultra low budget.
Ma, se appena iniziato a vedere il film come nei miei peggiori incubi stava comparendo la locandina di In the market, beh , sorpresa delle sorprese, questo Bloodline non varca le soglie dell'ultrabruttezza come l'altro.
Certo non varca neanche quelle della bellezza minima , ma almeno c'è un minimo di professionalità nella qualità realizzativa , pur scontando la vistosa deficienza di budget.
O meglio diciamo che la professionalità va e viene.
Si vede che Edo Tagliavini , il regista, sa maneggiare la telecamera, ha un bel bagaglio di idee e un certo gusto per la contaminazione dei generi.
D'altro canto oltre a scontare l'economia dei mezzi a disposizione, c'è da mettere in conto anche una certa ingenuità che si traduce anche nel modo piuttosto curioso di gestire la materia narrativa.
E qui mi tocca un attimo SPOILERARE: quindi siete avvertiti.
A grandi linee la storia è quella di un serial killer detto  "il chirurgo" che prima cattura le sue vittime sparando loro anestetico e poi le disseziona mentre si stanno svegliando per prendere loro il cuore.
In questo si inserisce la storia di una giornalista freelance che ha assistito da bambina all'omicidio della sorella   da parte del succitato chirurgo e che ora assieme a un amico deve curare il backstage di un film porno definito "d'autore".
Fin qui tutto bene, anche la ricomparsa della sorella morta sul set che la avverte dei pericoli. Quindi siamo al serial killer e alla ghost story molto Japan style. Mi spiegate perchè dopo un'ora di film ( che dura 97 minuti per la precisione compresi titoli di testa e di coda) viene tutto buttato in caciara con la comparsa di zombi?
Va bene citare l'immaginario horror ma forse qui si sovraccarica troppo il piacere di omaggiare.
Bloodline però ispira perlomeno clemenza perchè chi lo ha realizzato non ha la spocchia di chi si crede il miglior regista sulla faccia della Terra, approccia i vari generi dal basso, citando a piene mani a partire dal campionario del thriller italiano anni '70 fino ad arrivare allo slasher americano, passando come detto per il J-horror.
Diciamo che in certi frangenti, visto l'uso della telecamera digitale , una certa libertà di cagneria concessa agli attori e dei dialoghi non esattamente all'altezza sembra quasi di trovarsi nelle scene di raccordo di un film a luci rosse ( e vien da sorridere vista l'ambientazione sul set di un porno) . Però si continua a vederlo , si avverte la familiarità di uno score musicale firmato da Claudio Simonetti , così come si apprezza il lavoro ai trucchi di Sergio Stivaletti che da bravo professionista fa sempre il suo bravo lavoro senza deludere mai.
Se In the market era indifendibile da tutti i punti di vista , in Bloodline c'è qualcosa da salvare, almeno si intravede la possibilità di fare qualcosa di decente con mezzi più adeguati.
Il problema è sempre il solito: in Italia non si rischia più col cinema di genere e si producono solo commedie che debbono guadagnare al botteghino.
La scena horror italiana è ormai relegata ad alcuni volenterosi che cercano di fare i salti mortali per realizzare prodotti che possano essere perlomeno esportati visto che in Italia il mercato è praticamente chiuso.
Bloodline non sfigura di fronte ad altre produzioni ben più blasonate . Pur avvicinandosi pericolosamente all'amatorialità per certi aspetti, riesce comunque a intrattenere con il suo curioso mix di generi.
E'comunque da difendere un cinema indipendente fatto con una passione che vada oltre la precarietà dei mezzi a disposizone.
Da qui a dire che Bloodline sia un bel film ce ne passa.
Ma in confronto a robaccia come In the Market è praticamente un capolavoro.

(VOTO : 5 + / 10 )


Bloodline (2011) on IMDb

venerdì 29 giugno 2012

Somewhere ( 2010 )

Da qualche parte,da tutte o da nessuna. 
Quel Somewhere disperso tra il Nowhere e l' Everywhere ha il suono di una pernacchia. Frizzi , lazzi , lingue di Menelik e sberleffi all'annuncio di questo Leone dorato senza unghie e criniera, pallida imitazione di quello vero  con magari Quentin e Sofia che se la ridevano alla grande alle spalle degli altri in concorso. 
La piccola Sofia ha problemi quando si guarda alla specchio? Beh ce li avrei pure io con una pinna da squalo montata al centro della faccia. Papà Francis ha cercato pure di farle fare l'attrice ma se ha rinunciato lui che la raccomandava figuriamoci gli altri. 
Però la piccola Sofia non si è rassegnata e dopo un horror bucolico cristiano fondamentalista e un breve incontro in cui lo skyline di Tokyo fa da aureola all'empatia jazzata tra  l'allampanato fifty-something Bill Murray e la nana più alta del mondo Scarlett Johansson  ecco che Sofia a corto di ispirazione comincia a puntarsi addosso la cinepresa un pò come si fa nei filmini casalinghi in cui si fa ciao con la manina e si sembra molto più stupidi di quelli che si è veramente.
E ci scrive una sceneggiatura ( si fa per dire) sullo scontrino della spesa appena fatta al supermercato. Per completare l'opera si fa scandagliare dal suo agente il fondo melmoso di Hollywood alla ricerca dell'attore più sfigato e scalcagnato.
E nella peggior rhumeria di Los Angeles gli trovano Sthephen Dorff che quasi sviene e cade a faccia in avanti quando finalmente gli propongono un film. 
Molti hanno detto che Dorff recita se stesso: sbagliato. 
Recita quello che avrebbe voluto essere perchè lui invece di alloggiare all'albergo dei VIPS abita a scrocco in una pensione a mezza stella con bagno in comune, magari anche alla turca e un cambio di lenzuola mensile. Insomma un covo di tagliagole. Capirai gli propongono otto settimane di hotel di lusso spesati, giretti in Ferrari ( e gliela fanno pure rompere mentre va a spasso, saranno stati contenti a Maranello) a non fare nulla di nulla, lapdance aggratis con gemelline acrobate su palo cromato da asporto,  al massimo una sfida a Guitar Hero suonando una polka di Casadei, mangiare, bere a volontà e fare bombe nella jacuzzi(chi vuol intendere intenda)...
Vuoi che non accetti?
Avrebbe dato il braccio destro per farlo 'sto film.
Ma stiamo divagando. Guardando il film pensavo all'incidente avvenuto alla Cineteca di Bologna ( credo) che proiettava The tree of life di Malick invertendo il primo col secondo tempo. Riflettevo sul fatto che  un siffatto incidente a un film come  Somewhere non avrebbe provocato alcun danno. 
E anche se ci avessero mischiato l'intervallo con le pubblicità. 
E'un film lombricoide, non sai quale sia la testa e quale il didietro. 
Ma voglio essere veramente cattivo.
E se questo film fosse una puntata dell'equivalente americano del nostrano Scherzi a parte?
Se fosse una candid camera di 90 minuti in cui attori di successo si prestano a fare lo scherzone a Stephen Dorff che magari attore pensa anche di esserlo?
Addirittura per rendere più realistico il tutto gli hanno dato anche un telegatto circondandolo con il peggio del jet set italiano e con esibizione della Marini che struscia i suoi prosciutti di Parma su questo poverino che quasi affoga in tanta abbondanza carnea.
In realtà è stato a una riunione di zombie ma non glielo hanno detto.
Premiano pure Nichetti che anche lui in quanto a sfiga è praticamente un'autorità. Sthephen Dorff quasi fugge di fronte a questa mostra horror di vecchie cariatidi.  
Ma sto divagando ancora e non sto parlando del film.
Ecco appunto ma di che devo parlare?
Di Dorff che si cucina un kilo di pasta , non la sa manco scolare e se la mangia col sughetto radiattivo al pomodoro geneticamente modificato e poi resta immobile a guardare il fondo del piatto come se volesse scoprire il suo futuro dalle macchie di salsa di pomodoro di gomma che ha sul fondo del piatto?
Se è martedì allora siamo sul Sunset Boulevard,c'ho la Ferrari dal meccanico, il pusher in ferie  e sto piangendo...ma piango non perchè affetto dal vuoto del divo e della solitudine ma solo perchè io, Stephen Dorff questa vita di otto settimane la sto salutando definitivamente.
Mi vado a uccidere nel deserto?
O meglio farsi uccidere dal ricordo di un intervallo felice tra due brandelli di vita di merda?
Somewhere è un film depresso e deprimente, degno esponente di un cinema autoptico che poteva avere un senso una trentina di anni fa. Oggi è fuori tempo massimo perchè di dietro le quinte è pieno ogni Grande Fratello trasmesso in mondovisione.
Con buona pace di Sofia, di Quentin  ma soprattutto di tutti quei cineasti (Pablo Larrain e Shion Sono per esempio) che si sono visti gabbare  da un filmetto catatonico e inconcludente.

(VOTO: 3 / 10 ) Somewhere (2010) on IMDb

giovedì 28 giugno 2012

Extraterrestre ( 2011 )

Quando ho avuto la possibilità di vedere il nuovo film di Nacho Vigalondo non me lo sono fatto ripetere due volte. Ero veramente impaziente di vedere che cosa avrebbe messo in piedi questo piccolo genio spagnolo che aveva sconvolto tutte le mie convinzioni sui film inerenti i paradossi temporali con il bellissimo Los cronocrimenes..
Extraterrestre non è un remake apocrifo del quasi omonimo film di Spielberg. Parla di invasioni aliene.
Ma non come Indipendence day, World Invasion ,Attack the block,  o anche Super 8 per citare gli esempi più recenti. E neanche come la  sci fi vecchio stile de La guerra dei mondi o L'invasione degli ultracorpi .
Al massimo ci troviamo di fronte alla fantascienza umanista del carpenteriano Starman in cui alla fine si raccontava una storia molto umana, senza troppi voli pindarici nell'irreale.
Vigalondo pur conservando il proprio approccio eversivo al cinema di genere, prende qualcosa un po' da tutti e racconta l'invasione aliena da una prospettiva inedita.
Da quella di Julio e Julia che dopo una notte di bagordi si accorgono che il cellulare non ha più campo, la televisione non capta più canali, il palazzo in cui vivono è totalmente vuoto ( tranne che per Angel, il dirimpettaio nerd innamorato pazzo di Julia) e mettendo il naso fuori sul balcone si accorgono che un'enorme astronave è parcheggiata nel cielo, appena sopra i tetti dei palazzi.
Che fare?
Ecco normalmente in un quadro del genere la cosa normale da fare è fuggire , invece Julio e Julia non ne hanno la minima intenzione perchè stanno bene assieme . Le cose si complicano con Angel e soprattutto con l'arrivo del ragazzo di Julia, Carlos, che ha un sentimento molto più "battagliero" contro questa invasione di alieni.
Il film da qui in poi, inaspettatamente ( e anche inopinatamente dato il pedigree di Vigalondo) prende la strada della commedia sentimentale cosparsa di equivoci che si richiama apertamente alle sophisticated comedies della Hollywood che fu.
Una ronda amorosa in cui il centro di tutto è Julia attorno alla quale orbitano tre uomini che più diversi tra di loro non possono essere: il nerd, il barricadero e l'avventura di una notte.
Extraterrestre è la storia di alcuni personaggi a cui interessa più vivere la propria vita al momento che pensare alle future implicazioni di un'invasione aliena. E' quasi un percorso surreale che parte da un'astronave che sta lì ferma senza fare nulla prosegue tra una macchina sparapalle da tennis e  un barattolo di pesche sciroppate fino ad arrivare a una rivelazione finale abbastanza annunciata.
Tutto carino, tutto simpatico, tutto posizionato nel modo giusto.
Il problema è che questo film non sembra frutto dell'ingegno di quel Nacho Vigalondo che aveva travolto tanti appassionati con Los cronocrimenes.
Mettendo le cose in prospettiva allora la delusione comincia a salire: intrigante questo modello di fantascienza fai-da-te girato con due soldi e cinque attori ( letteralmente ), simpatica l'idea dell'invasione aliena poi abbandonata in favore di qualcosa d'altro, efficace anche il lavoro dei protagonisti che riescono a ricreare le baruffe da sophisticated comedy pur partendo da una sceneggiatura abbastanza spartana.
Però, cavolo, da Nacho Vigalondo mi aspetto la genialità del film precedente.
Ed è forse per questo che ho provato una certa insoddisfazione appena terminata la visione di Extraterrestre , nonostante sia confezionato in maniera molto più professionale di  Los cronocrimenes e che sia ricco di buoni spunti.
Sicuramente sarà un mio limite, perchè in giro di questo film si stanno dicendo meraviglie nella maggior parte dei casi.

( VOTO : 6 - / 10 ) Extraterrestrial (2011) on IMDb

mercoledì 27 giugno 2012

The Squad ( aka El Paramo, 2011 )

Nove militari appartenenti a un corpo d'elite dell'esercito colombiano vengono mandati a una base militare tra le montagne con cui si è perso ogni contatto.
Arrivano a destinazione , un posto reso praticamente invisibile da una nebbia perenne, appurano che la base è vuota e durante una perlustrazione scoprono una donna incatenata e imbavagliata, praticamente murata viva.
Sono addestratissimi per la guerra contro i narcos ma si trovano di fronte qualcosa che non avevano previsto e per cui sono impreparati.
Tagliati fuori dal resto del mondo , la tensione sale lentamente ma inesorabilmente in un crescendo inarrestabile, la donna non risponde alle domande, uno dei soldati scopre il diario del comandante della base e legge che le cose sono cominciate a precipitare appena dopo la cattura della donna.
Addirittura viene accusata di essere una strega e per quello imprigionata.
Intanto scoppia il disaccordo tra i militari, il tenente viene esautorato del comando, il sergente è morto misteriosamente dopo che si era fatto chiudere nella stanza con la donna per interrogarla. Lei è fuggita.
E' l'inzio del precipitare degli eventi.
The Squad è la pellicola d'esordio del regista colombiano Jaime Osorio Marquez. Una coproduzione tra Colombia, Argentina e Spagna  girata con un budget ridotto all'osso ( 1,3 milioni di dollari) , con una decina di attori in tutto, praticamente in una sola location.
Marquez maneggia con grande perizia il mezzo espressivo facendo respirare allo spettatore la stessa atmosfera inquinata e mefitica che entra nei polmoni dei protagonisti.
E'superbo il lavoro di destabilizzazione che il regista compie mediante un uso disturbante del sonoro e la sfocatura costante degli sfondi ad opera di una nebbia maligna che confonde i contorni di tutto quello con cui viene a contatto.
Film di spettri che vengono da dentro e  di paranoie causate dalla fobia dell'ignoto, narra la progressiva perdita di contatto con la realtà di questo gruppo di militari superspecializzati.
Se l'inizio poteva far presagire una risposta colombiana alla retorica di Act of Valor o a quella tenuta più a freno di Special Forces, poi il film prende la strada dell'orrore.
Un orrore impalpabile, fatto di sangue e di scritte di esorcismi sui muri, un buco nero che inghiotte anime e corpi.
The Squad si muove tra suggestioni de La cosa di Carpenter( e magari anche The Fog per via di  quella nebbia che racchiude tutto ermeticamente) e  la sensazione di vuoto de Il deserto dei tartari ad aspettare un nemico che non arriverà mai. Da fuori.
Perchè il nemico è già dentro di loro. Un po' come succede nel recentissimo The Divide di Xavier Gens.
Facile cogliere riferimenti all'esplosiva situazione sociale colombiana con la popolazione sotto il fuoco incrociato della guerra tra esercito e narcos ma non direi che è il tratto fondamentale del film.
In The Squad  la tensione è allo spasimo coadiuvata da un senso di claustrofobia opprimente che dura per tutto il film.
Efficace il disegno dei personaggi che sono facili da distinguere per tratti somatici e caratteriali ( e in un film in cui tutti hanno la stessa divisa non è affatto scontato), la scena finale fa correre un brivido nero  lungo la schiena.
Un brivido vero.
Già programmato il remake americano.

( VOTO : 7,5 / 10 )

The Squad (2011) on IMDb

martedì 26 giugno 2012

Adventureland ( 2009 )

Una bella storia di crescita e di formazione sotto le mentite spoglie del fondo di magazzino.
Adventureland parla di una vicenda diffusamente autobiografica, racconta quell'interzona che c'è tra la fine dell'adolescenza e l'entrare nel grande marasma della vita,tra l'assenza e la pesantezza delle responsabilità che piovono addosso.
E' il racconto dell'estate dello scontento di un ragazzo che alla fine della stessa sarà diventato forse un uomo.
Dopo l'ironia sbracata di SuXbad, Mottola si dedica alla commedia adolescenziale con buoni risultati dirigendo un film fresco, spontaneo, che rifugge le battute facili alla Apatow che erano la trave portante del suo film precedente.
Un ritorno alla fine degli anni 80 con una colonna sonora tra le più belle mai sentite ultimamente e due protagonisti assai ben assortiti.
Jesse Eisenberg con la sua faccia che ha il marchio del nerd a vita e i suoi ormoni sempre a briglia sciolta pronti per imbarazzarlo di fronte agli altri ispira simpatia sin da subito, il classico bravo ragazzo che non disdegna la trasgressione moderata senza esagerare.
Kristen Stewart prima del successo planetario della saga dei vampiri da oratorio usa-e-getta ha un colorito molto meno anemico, molto più umano e ha anche qualche kiletto in più che non guasta alle sue forme ancora acerbe.
Inoltre il suo personaggio è ben tratteggiato, con delicatezza quasi proprio per il suo rifuggire dai  clichet dell'adolescente con superproblemi.
Si incontrano al lavoro nel parco giochi che dà il titolo al film, microcosmo di amori clandestini, di rapporti difficili con i genitori (che nel migliore dei casi brillano per assenza), di amicizie e piccole noie quotidiane.
Tutto quello che dà il sale alla vita insomma.
Pur avendo un aspetto da film indipendente il film di Mottola figurativamente è molto curato con una fotografia notturna bellissima e riesce a descrivere ottimamente il lento fluire di un'estate di transizione che comunque lascerà il segno su tutti.
Adventureland , il parco giochi,   è sfondo di sentimenti a tempo determinato che sono l'esatto corrispettivo della precarietà del lavoro dei giovani che vi prestano opera.
E' però anche il posto di  lavoro con i contorni che sfumano nell'elegia del ricordo, di quell'estate in cui si conobbero i primi amici fuori di testa, il primo amore , la prima sbornia, il primo spinello e la prima volta a letto con una ragazza.
Adventureland è quella terra in cui i sogni non sono proibiti, in cui tavolta diventano realtà.
Adventureland è un ricordo tatuato nel profondo, una di quelle favole a lieto fine che a distanza di tanti anni riusciranno ancora a scaldare il cuore...

(VOTO : 8+ / 10 ) Adventureland (2009) on IMDb

21 Jump Street ( 2012 )

Ormai gli sceneggiatori di Hollywood hanno l'elettroencefalogramma piatto.
Nessuna nuova idea. E' sparita la voglia di rischiare soldi in tempo di crisi, è salita la febbre da remake anche quando se ne può fare a meno, si sta spulciando nella soffitta di casa per vedere di rimettere a nuovo qualcosa che potrebbe piacere al pubblico.
E tirar fuori la roba dalla soffitta può voler dire rispolverare per l'occasione vecchie serie televisive dando loro quel tocco di modernità per attualizzarle e cercare di accalappiare il pubblico dei giovani di oggi e di quelli che erano giovani ( e fans ) all'epoca della programmazione televisiva .
In questi ultimi anni è stato un fiorire di serie tv  cinematografizzate spesso con risultati più che dubbi, per non dire scarsi. Parliamo di robetta come Starsky & Hutch ( una coltellata al cuore ), Hazzard ( meglio coprire tutto con un tendone pietoso), A-Team ( A-bominevole a-mmucchiata ) e tante altre.
Ora è arrivato il turno di 21 Jump Street che all'epoca, parliamo di fine anni '80 fu il trampolino di lancio per un giovane che si farà poi le ossa, tale Johnny Depp.
Fortemente voluto da uno dei due protagonisti, Jonah Hill, tra gli autori del soggetto, è il classico film hollywoodiano che si pone tra il poliziesco e la farsa di grana grossa, tra buddy movie e sentimento. Come tanti altri film, purtroppo.
Che porti il nome della vecchia serie televisiva è un dettaglio, la storia degli agenti infiltrati all'high school poteva, anzi doveva essere sviluppata meglio. Invece di porre l'accento sulle difficoltà dei due infiltrati nel ritrovarsi tra i banchi di scuola, il film si concentra quasi esclusivamente sull'alchimia tra i due protagonisti.
Se da una parte abbiamo Jonah Hill ( dimagritissimo, ma come ha fatto ?) che gioca di sponda con il suo scarso atletismo , dall'altra abbiamo il Big Jim Channing Tatum in un personaggio tutto muscoli e niente cervello ( autobiografico presumo) che mette a dura prova le sue ( scarse ) qualità recitative.
Gustoso il personaggio del capitano , recitato da un Ice Cube caricato a pallettoni, che in un gioco di citazioni , fa un discorso sulla scarsa creatività degli autori
Di questi tempi però riciclarsi nella commedia può essere operazione intelligente , per incamerare soldi sicuri per la pensione.
Conosco solo sommariamente la serie tv originale, ricordo giusto qualche spezzone. Quindi non sono in grado di  fare confronti ma il film sinceramente non mi ha appassionato più di tanto.
L'ho trovato abbastanza scontato sia nei continui ammiccamenti al politicamente scorretto sia nel tentativo di ribaltare i ruoli , un film particolarmente adatto a una visione estiva a neuroni spenti.
Non una cosa abominevole, intendiamoci, si arriva tranquillamente a fine visione , ma una robetta amorfa, incolore che si comincia a dimenticare già a partire dai titoli di coda.
Una pellicola in cui le scene d'azione vengono contrappuntate costantemente dalle scene comiche, con la solita atavica lotta tra nerds e resto del mondo , la consueta spruzzata di romanticismo e la mitragliata di buoni sentimenti finali che esita addirittura nel prendersi una pallottola per salvare l'amico.
La parte più divertente? Senza dubbio la festa in stile Project X con annessa rissa senza esclusione di colpi.
Per il resto a parte i cartoni animati di quando si sballano e qualche sorriso qua e là, c'è veramente pochino.
E la cinefilia snob l'ho lasciata fuori della porta di casa.
Voto basso al film ma il dietologo di Jonah Hill merita la lode e il bacio accademico.

( VOTO : 5 / 10 ) 21 Jump Street (2012) on IMDb

lunedì 25 giugno 2012

Detachment ( 2011 )

Mi piacciono i film ambientati nelle scuole, soprattutto quelle difficili. E mi piace veder analizzare da una prospettiva "bassa" ( cioè il contrario dell'idealizzazione della figura di un pedagogo che è capace di snocciolare solo pillole di verità e di saggezza) il lavoro di qualcuno che ha quotidianamente a che fare con le difficoltà della vita reale che rendono ancora più complicato far appassionare gli alunni a ciò che è relegato nei libri e che è più o meno distaccato dalla quotidianità che ognuno vive .
La letteratura è uno di questi esempi : è difficile far appassionare a qualcosa che è chiuso come dentro uno scrigno , immutato negli anni. Soprattutto far appassionare qualcuno che è soverchiato dalle difficoltà di ogni giorno e reso invisibile agli occhi di una società che non se ne fa niente di giovani disadattati che cercano di uscire dal loro inferno.
Detachment è una sorta di flusso di coscienza del professore di letteratura supplente Henry Barthes ( la s non si pronuncia come dice lui), uno che fa del distacco la sua filosofia di vita: lui lo chiama così, altri potrebbero parlare di menefreghismo, cioè stare sempre a una certa distanza da tutto proprio per non ferirsi.
Del resto la sua vita è circondata dalle macerie che irrimediabilmente hanno segnato il suo sguardo triste: quelle della sua vita privata con un nonno ricoverato in un istituto per anziani oramai in fase terminale, un segreto inconfessabile che la madre morta suicida ha deciso di portare con sè, un padre che praticamente non ricorda.
Lui sceglie di fare il supplente  proprio per non entrare nella stessa lunghezza d'onda dei suoi studenti, per non empatizzarli, vuole essere solo una parentesi nella loro vita formativa.
Entra ed esce dalle loro vite in modo improvviso e soprattutto non prova traumi.
La sua vita privata è fatta anche del soccorso ad una prostituta bambina, Erica, che fa vivere a casa con lui per un certo periodo prima di affidarla agli assistenti sociali.
Ancora quel dannato distacco.
Henry vuole in qualche maniera anestetizzare il dolore che continuamente prova, almeno ammortizzarlo.
Detachment non parla solo di una scuola , è la certificazione su pellicola di un vuoto generazionale fatto di genitori assenti, di insegnanti inadeguati perchè vivono letteralmente in un pianeta diverso rispetto ai loro alunni, i quali dal canto loro a quell'età sono già induriti e ringhiosi verso tutto quello che li circonda.
Difficile dare coordinate stilistiche per far capire che cosa si sta per vedere:  forse  due film che si avvicinano come spirito a questo sono Half  Nelson e Precious . Ma sono più che altro associazioni di pensiero che non punti di contatto veri e propri.
Tony Kaye dimostra ancora una volta il suo talento dietro la macchina da presa con un film dal look indipendente ( per una fotografia sgranata curata dallo stesso regista) che, partendo da tutto quel coacervo di banalità che possono "arredare" un film sulla scuola , in realtà vola alto, altissimo a tratti riuscendo ad arrivare a vette di lirismo doloroso che rimangono dentro ben oltre i titoli di coda.
Il candore dell' ambiente asettico come quello di una scuola difficile i cui corridoi bianchi sono simili a quelli di un'ospedale, è squarciato da disegni infantili e da curiosi inserti coloratissimi (la casa della preside) inquadrati anche con prospettive sghembe atte a deformare il campo visivo.
E solo per fare un parallelo tra il vuoto delle giovani generazioni e quello della vita di insegnanti ( o presidi ) a fine carriera.
Adrien Brody si ricorda finalmente di essere un grande attore risaltando in un cast prestigioso in cui tra gli illustri altri ( Lucy Liu, William Petersen, Tim Blake Nelson, Blythe Danner) non si possono sottacere la bravura di Marcia Gay Harden in un personaggio spigoloso e il gigioneggiare adorabile di quella vecchia volpe di James Caan.
Un occhio anche a Betty Kaye, ottima in un personaggio dolente e mai banale.
Detachment arriva al cuore direttamente e senza prendere facili scorciatoie. Emoziona con i piccoli gesti, un semplice abbraccio come fonte di commozione , lasciando da parte la retorica.
E lasciandosi dietro anche la filosofia del distacco.
Una delle migliori visioni di quest'anno.

( VOTO : 8,5 / 10 ) Detachment (2011) on IMDb

domenica 24 giugno 2012

In the market ( 2011 )

Come definire una cosa come questa?
Un film? Una presa per il culo? Un raggiro gigantesco ai danni degli esercenti? O peggio ancora un complotto ordito ai danni degli spettatori derubati di quei 7-8 euretti per vederlo in sala?
In realtà questo film ( uhm parola grossa definirlo così) , è stato girato nel 2009 ma poi grazie a misteriose alchimie del mercato distributivo italiano è riuscito a trovare addirittura qualche sala in cui essere proiettato nel Ferragosto del 2011. Un bagno di sangue annunciato quindi.
E qui viene da aprire una parentesi: ci sono tanti bei film costretti all'invisibilità permanente , sia italiani che esteri e questa cosa riesce a trovare la strada della sala cinematografica?
Con che criterio vengono allora scelti i film da distribuire?
In the market è un prodotto inqualificabile da qualunque parte si voglia guardarlo: siamo appena di sopra all'amatoriale( anzi qualche volta anche al di sotto), Eaters e Il bosco fuori a confronto(  prodotti italiani horror dal budget risicatissimo come questo ) sono capolavori di intelligenza e di ricercatezza.
Il problema del film  non è il budget risicato: è la mancanza cronica di idee associata a un citazionismo talmente spinto da oltrepassare il plagio. Tarantino se vedesse questo film citerebbe in giudizio Lorenzo Lombardi che questo film  lo ha diretto.
Mi si potrebbe obiettare che girare un film con 20 mila euro non è da tutti: vero ma posso ribattere che un piccolo capolavoro come El mariachi di Rodriguez è stato girato con 7 mila dollari e anche una porcata come Paranormal Activity, girata con 15 mila dollari , è di un altro livello rispetto a In the market.
Altro capitolo sono le castronerie disseminate lungo tutto il film: a parte che le strade secondarie collinari della Toscana (presumo) non possono "recitare" da controfigura a nessuna route americana ma che senso ha dare al tutto un senso anglofono ( tipo i nomi o la targa della jeep sui cui viaggiano i protagonisti) e poi farli capitare in benzinai con i prezzi in euro o in un "market" dove i prodotti hanno nomi in italiano e c'è scritto CONAD  da tutte le parti? E che senso ha il riferimento alla Germania fatto dal macellaio? E perchè in un telefono pubblico visibilmente targato Telecom i nostri eroi chiedono soccorso al 911( numero per chiamare la polizia negli USA per chi non lo sapesse ?
Vogliamo poi parlare dei dialoghi? partiamo da un'imbarazzante dialogo sul modo di cucinare le uova da parte dei ragazzi fino a un pippone interminabile di filosofia applicata al delirio fatto dal killer ( Ottaviano Blitch ). Ecco magari volare un po' più in alto nella prima parte e poi un po' più in basso nella seconda parte avrebbe giovato.
La recitazione poi non aiuta: l'unico che ha una minima idea di come ci si ponga davanti alla macchina da presa è Ottaviano Blitch che dal canto suo , lasciato a briglia sciolta, fa andare il suo personaggio così oltre le righe da diventare a tratti una caricatura.
Infine la realizzazione tecnica : con un budget ridotto all'osso non possiamo certo pretendere scenografie sofisticate( infatti è tutto girato in location molto "naturali", tranne l'antro del macellaio) ma perlomeno una certa cura nella fotografia ( imbarazzante) e nel sonoro magari sarebbe stata utile.
I trucchi sono firmati da Stivaletti che fa il suo onesto lavoro: il problema è che il suo aiuto è praticamente superfluo nelle tre-scene-tre ( una gamba assaggiata come fosse carpaccio, una mano nel tritacarne e una rimozione di visceri intestinali) in cui si vedono un po' di sangue, frattaglie e fegatini sparsi...
Meglio tacere poi sul finale che è praticamente una citazione di The Descent di Neil Marshall.
La cosa che più mi ha preoccupato riguardo a questo film è stato che ho letto in giro per la rete anche dei pareri entusiastici: va bene essere patriottici e anche da parte mia difenderò sempre il cinema fatto con pochi soldi e molte idee, è vero che ogni parere ha lo stesso peso ma un prodotto come questo è inqualificabile sotto tutti i punti di vista quindi è veramente sospetto leggere recensioni più che positive.
Attento Lombardi! Ti stanno prendendo per il culo! Così facendo non ti aiutano per il proseguio della tua carriera.
Un'ultima notazione per il blog che è stato aperto per raccogliere tutto quanto scritto sul film ( lo trovate qui): complimenti per l'estrapolazione di singole frasi prese magari da recensioni non entusiastiche.
Una cosa degna della Pravda e della propaganda sovietica.

( VOTO :  1 / 10 )

In the Market (2009) on IMDb

sabato 23 giugno 2012

Super 8 ( 2011 )


Operazione nostalgia per i quarantenni di oggi che istantaneamente si sono rivisti nelle braghe corte dei  dodicenni di ieri.
Abrams si trasforma nello Spielberg delle nuove generazioni, depositario del loro immaginario collettivo, facendo intravedere loro che cosa si sono persi.
Cinema per ragazzi ma che parla direttamente al cuore degli adulti senza diavolerie computerizzate ma tanta tanta devozione per un epoca irripetibile.
Sfilano in ordine sparso gli incontri ravvicinati del terzo tipo con annessi nasini all'insu per vedere quali meraviglie nasconde il cielo (e la lucida ferraglia che si vede oggi è triste in confronto a tutta quella sinfonia di luci che mostrava e nascondeva allo stesso tempo), i ragazzini in bicicletta che avevano in casa un alieno orsacchiotto con gli occhioni grandi e un dito lunghissimo con cui indicava l'infinito,monelli che poi con quelle due ruote imparavano a volare(chissà perchè mi aspettavo una cosa del genere anche oggi), a braccetto vanno i goonies, gli explorers  e perchè no anche il navigator che resta per ben 8 anni in libera uscita dal mondo terreno.C'è tutto il mistero racchiuso in Roswell e in tante altre serie televisive, così come c'è la chiusura dell'estate della giovinezza di Stand By Me.
Abrams confeziona abilmente, forse anche furbescamente , sembra non dimenticarne nessuno e cita con deferenza: Spielberg osserva soddisfatto l'opera del suo allievo che sta attualizzando il suo cinema per farlo conoscere alle nuove generazioni e che conosce a menadito anche il suo ultimo cinema dagli accenti apocalittici (l'esodo biblico da guerra dei mondi) così come manipola abilmente  i meccanismi orrorifici che fanno tanta presa sul pubblico più giovane:ma niente diavolerie alla Star Trek e niente sorprese new age alla Lost.
Super 8 è il prezzo da pagare a una fantasilandia fai-da-te costruita su misura, è l'elegia dell'emozione che può regalare l'immagine in movimento, un veloce viaggio andata e (purtroppo) ritorno che coinvolge adulti di oggi che erano i bambini di ieri.
Super 8 è il sogno a costo zero di vedere il cinema da dentro,magari girando un cortometraggio sgangherato che farebbe impallidire Ed Wood, è la visualizzazione della passione senza tempo per il mondo di celluloide che mi ha accompagnato fin da quando ero piccolo e immaginavo di essere protagonista di storie fantasmagoriche in film immaginari.
Super 8 l'ho visto oggi al cinema,con tutta la mia famiglia:per me è stato come un passaggio di consegne,da una generazione all'altra.
Io,bambino di ieri estasiato dagli universi paralleli di Guerre Stellari e ancora illuminato dalle luci di Incontri ravvicinati del terzo tipo, da adulto di oggi  consegno Super 8 all'immaginario dei miei figli.
Certo non è al livello dei modelli ora citati, sarà ovvio in alcuni passaggi e magari non è perfettamente riuscito, ma è un ottimo punto di partenza per coltivare la voglia di tornare a guardare i film di quella stagione irripetibile.
E non sapete come mi sento fortunato ad averla vissuta in prima persona.... 

(VOTO : 7,5 / 10 )

Super 8 (2011) on IMDb

Le paludi della morte ( 2011 )

Credo che il prossimo che farà ad Ami Canaan Mann qualche domanda su suo padre e su come cotanto padre possa averle trasmesso l'amore e il talento per il cinema, la poverina comincerà a sbavare come un cane idrofobo.
Per quanto mi riguarda il quesito che mi frullava in testa era questo: ma Ami è figlia d'arte o figlia di papà?
E' chiara la differenza tra le due figure, no? In una terra come la nostra abituata alle dinastie (leggasi figli di papà messi lì solo per il nome del genitore e non per talento specifico anche nel cinema) , credo che la distinzione sia poi ancora più facile da fare.
Quindi la piccola Ami riesce a fare film solo perchè alle sue spalle c'è papà Michael ( che tra l'altro produce) oppure perchè ha talento proprio che le ha permesso di esordire dietro la macchina da presa per un progetto importante come questo?
Naturalmente essere la figlia di Michael Mann facilita, apre porte che altrimenti resterebbero chiuse, ma la giovanotta dimostra che dell'immenso talento del padre qualcosa le è stato trasmesso, anche per osmosi.
Quindi opterei per figlia d'arte.
Chiaramente Le paludi della morte ( il solito scempio di un titolo originale molto più centrato ed evocativo, Texas Killing Fields) non è un capolavoro, è un film che per certi versi mette in risalto quanto ancora acerba sia Ami nel gestire un progetto complesso come questo, ma ci sono sprazzi che fanno ben sperare per il futuro.
Se dal punto di vista della messa in scena Ami Canaan Mann si dimostra piuttosto brava ( si vedano ad esempio le numerose, notevoli sequenze notturne  ) altrettanto non si può dire per l'organizzazione del materiale narrativo a disposizione , anche se bisogna riconoscere che la sceneggiatura di Donald F. Ferrarone ( poliziotto per quasi 30 anni a quanto ho letto ) è piuttosto lacunosa sia nella definizione dei personaggi che nella progressione dell'indagine .
Lo scheletro del film è infarcito di clichet: abbiamo così la solita coppia di poliziotti nel solito sudaticcio thriller d'ambientazione sudista che sono aiutati nell'indagine dell'omicidio di una ragazzina da una rossa detective , ex moglie di uno di loro, che sta indagando su un serial killer che sevizia le giovani ragazze sue vittime e le mutila prima di abbandonarle in una regione paludosa( i killing fields del titolo) che , guardacaso, è fuori della giurisdizione in cui lavorano gli altri due.
Uno penserebbe che è già troppa roba per essere verosimile eppure i fatti raccontati in questo film sono ispirati a eventi reali.
Ma noi non li conosciamo quindi occorre sottolineare quanto sia brava la Mann ad alimentare un clima di tensione facendoci vedere l'altra faccia dell'America ( che in tempi di crisi è sempre più sotto i riflettori), fatta di maltrattamenti ai ragazzini, spaccio di droga, omicidi seriali, prostituzione minorile e famiglie disfunzionali.
La regista sembra più interessata a questo discorso che all'indagine vera e propria.
Nota di merito per un cast notevole: nonostante lo scarsa attenzione allo sviluppo delle dinamiche  tra i vari personaggi  ( per esempio il rapporto tra il poliziotto e l'ex moglie) gli attori fanno egregiamente il loro ruolo, anche il mascellone Worthington che forse sta imparando a recitare. Il migliore è il dolente Jeffrey Dean Morgan che ha sempre più la faccia di Javier Bardem, facendo sospettare che siano gemelli separati alla nascita.
A conti fatti Le paludi della morte è un film che vale soprattutto per quello che fa intravedere del talento di una giovane regista alla sua opera seconda , per le atmosfere e per le suggestioni evocate , per il resto non si distacca da un'aurea medi(ocri)età che non fa parte del vocabolario di  Michael Mann.
E non dovrebbe far parte neanche di quello della figlia.
Bordate di fischi ( ingenerosi ) a Venezia 2011 ma sicuramente è stato un errore presentare questo film, che ha ben poco di festivaliero, in concorso.

(VOTO : 6 / 10 ) Texas Killing Fields (2011) on IMDb

venerdì 22 giugno 2012

In the cut ( 2003 )

In the cut non è un thriller. O meglio non solo.
E' un viaggio nei meandri della sessualità femminile, quella più recondita in cui le pulsioni più intime vengono sventolate come bandiere.
Affondata nella melma metropolitana di una New York color sabbia l'insegnante Frannie ( Meg Ryan) si trascina stanca e infelice,  vittima di una vita che non le aggrada e che la sta uccidendo ogni giorno che passa.
 E a poco servono i bar malfamati o le sedute di vero e proprio training autogeno reciproco che fa con la sorellastra che si prostituisce più per voglia che per necessità.
Frannie è donna a prima vista libera, emancipata sessualmente ma in realtà è prigioniera di un vuoto esistenziale che parte proprio dalla sua sfera sessuale. Cosa difficile da ammettere anche a se stessa, cerca appigli nel mondo ingrato che la circonda e proprio  per questo come direbbero Simon & Garfunkel prende come profeti coloro che elargiscono pillole di saggezza  in libertà sui muri della metropolitana e non si accorge del vuoto che l'ha permeata.
Ci vuole la scossa e puntualmente arriva nei panni di un poliziotto non bello, non affascinante e non con un modo di fare oxfordiano.
E' tutto l'opposto di quello che lei cerca in un uomo, ma i poli opposti si attraggono e lui almeno la fa sentire viva.
E' maschio e la fa sentire finalmente femmina , le fa conoscere il proprio corpo come mai lo ha conosciuto.
E' questo il punto centrale di In the cut
Lo sguardo complice della Campion,da donna a donna,  non si sofferma sull'involucro thriller con cui ha rivestito la vicenda: l'indagine non la interessa, la interessano poco  gli omicidi efferati che continuano ad avvenire e che vengono messi sullo sfondo. 
Quasi non importa chi è l'assassino e anche la soluzione offerta è fin troppo semplice, addirittura banale. 
La sua cinepresa sembra più interessata ai corpi nudi di Frannie e del suo poliziotto che scoprono lati sempre più nascosti delle rispettive personalità mentre si raccontano vicendevolmente i rispettivi passati. 
Delle vere e proprie visioni incastonate nella memoria.
E quella di Frannie è una coppia che danza e che si incontra in modo romantico in un bianco e nero virato al seppia. 
I suoi genitori. 
L'amore che le è mancato.
La Campion vede New York dal di fuori, quasi non si fa contagiare dalle esalazioni sulfuree che salgono dai bassifondi, la ricerca della bellezza della parola in brani di letteratura si infrange sulla bruttezza del mondo reale. 
E Meg Ryan non è più la fidanzatina d'America.

(VOTO : 7 / 10 ) 



In the Cut (2003) on IMDb

Bad teacher ( 2011 )

Non è un caso che ieri sera ho recuperato quanto scrissi a suo tempo su Zack and Miri make a porno ( mi rifiuto categoricamente di usare il titolo italiano di un'idiozia completa e irrimediabile).
Anzi a dirla tutta l'ho fatto perchè mentre vedevo Bad Teacher (visione coniugale fortemente voluta dall'altra metà del mio universo) pensavo in continuazione all'altro film e a quanto Kevin Smith fosse superiore come regista al figlio d'arte e di papà Jake Kasdan, forse più di papà che d'arte. E pensavo anche a Crazy , stupid, love altra commedia cattivissima dentro.
Bad teacher è cattivo solo fuori, è solo facciata. In realtà contiene tutto il buonismo deteriore di cui è capace il cinema maistream americano.
Cosa che non succede negli altri due in cui è un susseguirsi di umorismo greve e scorretto accompagnato a tutta una serie di polpette avvelenate contro la "correttezza" ( nel senso più lato del termine) e il convivere civile.
In Bad teacher sembra che accada questo e invece è tutto il contrario: è come se prima ti mettessero un flacone di Guttalax nel caffè per farti sedere sul trono a tempo indeterminato ma poi ti fanno fare un'indigestione di pillole di Imodium perchè ti devono far andare a giocare nel parco come la vecchia che da dietro un cespuglio prende a calci un  pallone appena transitato dalle sue parti.
La Diaz non è il problema di Bad teacher: anzi è ammirevole per come gioca di sponda con gli stereotipi autoironizzando sulla chirurgia plastica ( chi è senza peccato scagli la prima pietra, vero Cameron?)   ma il vero motore del film è la macchietta Lucy Punch che è l'unica dotata di una certa cattiveria.
Del resto il personaggio di Elizabeth (Diaz) a parte che non ha voglia di fare l'insegnante , che si fa qualche cicchetto ogni tanto e qualche fumatina di roba non proprio regolamentare, che cosa vuole fare?
Vuol mettere su famiglia! Che tenera!
E questa sarebbe la cattivona, solo perchè usa i fuck nel discorso come virgole o perchè fa vedere film a scuola? A questo punto era più eversivo il Robin Williams de L'attimo fuggente.
Vogliamo poi parlare del modo delittuoso in cui (non) viene utilizzato uno come Jason Siegel, paladino e corpo immolato alla causa delle commedia scollacciata ( esibendosi tranquillamente in nudi frontali che sono tabù ancora per molti) , che qui fa la parte tristissima di un professore di ginnastica col fisico scolpito dalle birrette e dalla solitudine?
Inqualificabili poi i duetti con Justin Timberlake e quella sequenza di finto sesso con la Diaz è quanto di più squallido abbia visto ultimamente.
Bad teacher è fumo negli occhi lanciato allo spettatore , vuol sembrare quello che non è. E quello che è risulta abbastanza sconsolante: la solita commedia americana con la mitragliata finale di buoni sentimenti e un volemose bene collettivo che quasi ti manda in coma diabetico.
Il problema non è il film in sè che anzi per i primi 20 minuti incuriosisce anche: il problema è quello che vuole rappresentare.
Una finta incursione nell'anticonformismo che vorebbe essere una bomba di politicamente scorretto.
E invece al massimo è un mortaretto.
Naturalmente è stato un successone al box office. E che ve lo dico a fare!

( VOTO : 3 / 10 ) Bad Teacher (2011) on IMDb

giovedì 21 giugno 2012

Zack and Miri make a porno ( 2008 )


Ecco un altro desaparecido di lusso per quasi tre anni a causa della nostra distribuzione.
Ma qui c'è da dire che questo film ha avuto diversi problemi anche negli USA per via del divieto, per via di quella parolina finale del titolo che gli ha stroncato qualsiasi forma di pubblicità e per via di un manifesto in split screen in cui i due protagonisti mimano qualcosa che poteva urtare le suscettibilità di qualcuno, locandina che ironia della sorte che è stata vietata negli USA ma non in Canada.
La cosa piacevole di questo film è che è tornato Kevin Smith con un film sostanzialmente figlio di Clerks 2, nipote di Clerks e pronipote acido di tutte le commedie americane anni '80 a sfondo sessuale tipo Porky's e relativi epigoni.
Solo che qui i protagonisti sono più verso i 30 anni che verso i 20 e sostanzialmente non hanno ottenuto nulla dalla loro vita finendo a fare i camerieri in un fast food.
La storia è quella di due ex compagni di scuola ora conviventi per dividere le spese, Zack e Miri, amici ma non di più perchè il sesso complicherebbe tutto. Quando sono sommersi di debiti e non riescono più a pagare le bollette hanno la luminosa idea di girare un film porno con i risicati mezzi che hanno e compagni di lavoro che più raccogliticci non si può.
Ne verrano fuori delle belle per gli imprevisti, per un casting stile Full Monty ma molto più malizioso, per lo stile più che amatoriale delle riprese. Comunque ci sarà da ridere e non poco.
Smith demolisce qualche luogo comune americano ben radicato come le riunioni di ex compagni di scuola(un raduno praticamente di derelitti, ognuno con i propri problemi), il mito di Superman (Brandon Routh, l'ultimo Superman sullo schermo è qui un attore di film porno per gay e ha un compagno, Justin Long che col suo vocione elucubra in modo esilarante su quella che lui chiama gayness), il mito del Sogno Americano che nelle intenzioni dei padri doveva essere ben più nobile che dover girare un film vietato ai minori e che si realizza solo per l'amico nero di Zack che da parte sua crede che tutti i bianchi facciano battute razziste contro di lui.
Inoltre Smith destruttura il genere della commedia sentimentale rendendola volgare, con comicità volutamente di grana grossa. 
Ma, incredibilmente questa volgarità quasi non disturba,soprattutto se si è abituati ai giochi di parole e alle amenità assortite dei film di Kevin Smith  che non perde occasione di picconare scientemente la saga di Guerre Stellari e già che ci sta tira una bisturata mica da ridere pure a Lost.
Esilarante la ricerca del titolo del film: si parte da Star Whores e per mancanza di scenografie (gli avevano appena demolito il garage messo in ordine per girare il film) si finisce a girare un film che a che fare con il cockuccino nel bar dove lavora Zack nelle ore di chiusura.
Tra un sexpresso e l'altro c'è pure un tifoso ubriaco che piomba sul "set" mentre stanno girando e non si accorge di nulla. Nel finale prevale il dolciastro della commedia sentimentale ma sinceramente poco importa perchè 90 minuti di film in cui le battute si rincorrono a velocità altissima sono più che sufficienti.
E anche nel lieto fine ci incastoniamo un bella elegia del Timone Olandese che quasi fa salire le lacrime agli occhi per il troppo ridere.
Nel cast una ex di lusso del settore, l'ormai ultraquarantenne Traci Lords che spese parecchia della sua carriera da pornostar quando non era ancora maggiorenne.
E si segnala per un modo piuttosto originale di fare bollicine.
Ecco dopo la cantante che piantava i chiodi col culo in Gatto neroGatto bianco credevo di averle viste tutte o quasi.
Mi sbagliavo.  

( VOTO : 7,5 / 10 ) Zack and Miri Make a Porno (2008) on IMDb

Red white & blue ( 2010 )

Ci sono simboli d'America cosparsi praticamente per ogni dove lungo ogni frame di questo film.
Addirittura uno dei personaggi principali porta orgogliosamente tatuato sul petto il disegno dei confini geografici del Texas.
Ma questa bandiera USA stavolta è intinta nel rosso sangue.
Storie dall'altra faccia d'America, quella lontana dai riflettori, dai lustrini e dalle pailettes, una provincia che è alcova di mostri di ogni genere e specie, vicende che nessuno vorrebbe mai raccontare, un qualcosa da nascondere come polvere sotto il tappeto.
Storia di tre personaggi al margine, o che forse hanno oltrepassato anche quel margine.
Erica fa collezione di amanti occasionali, usa il suo corpo come arma di distra(u)zione di massa per motivi che saranno poi rivelati in tutta la loro brutalità. Fa sesso senza coinvolgimento emotivo,nello squallore di stanze polverose o bagni ammuffiti, solo per aggiungere un'altra foto alla sua nutrita collezione.
Finalmente scopre qualcuno che non vuole solo il suo corpo in Nate, reduce dall'Iraq, minaccioso fascio di  muscoli e terminazioni nervose con trascorsi difficili.
Lavorano insieme e il loro rapporto prima ispido e conflittuale poi diventa qualcosa d'altro. Forse non amore, ma almeno empatia, solidarietà umana, voglia di non stare più soli.
Franki è musicista in una band garage-punk e si sente sulla rampa di lancio per il successo. La malattia della madre però non gli permette molti voli pindarici.
La sua traiettoria esistenziale  colliderà suo malgrado con quella di Erica e di rimbalzo anche con quella di Nate.
Tutto il suo mondo collasserà e non è solo un modo di dire.
Red , White & Blue per una seconda parte che narra una vendetta spietata è catalogato dai più come un rape and revenge movie. Ma non è solo quello.
Rumley con il suo stile volutamente piatto nella prima parte del film si adegua alla slowness della vita di provincia che sta inquadrando. Non i ritmi della metropoli, ma quelli di una vita fatta di lavoro, lavoro e lavoro oltre che di serate passate nei locali a sfondarsi il fegato di birra o  ad accalappiare uomini.
Dietro la porta di ogni villetta col suo giardinetto ordinato giace una storia di umana disperazione da raccontare.
I tre protagonisti di questo film si crogiolano nel loro inferno su misura: solitudine, malattia, risentimento. Il loro orizzonte è appena oltre la punta del loro naso. Non riescono a vedere nulla altro.
Il cambiamento avviene quando Erica e Nate in qualche modo si avvicinano. Ma è solo un'illusione a tempo determinato.Dopo una prima parte improntata alla quotidianità più esasperante, la pellicola poi cambia improvvisamente passo.
La seconda parte del film diventa un campionario di violenza : quella cieca di Franki che si vuole rivalere, quella diabolicamente pianificata da Nate che usa i metodi più bruti e dolorosi.
Sarebbe troppo facile per Rumley mostrare tutto, sangue , frattaglie, fegatini e invece lascia quasi del tutto la violenza fuori campo , quasi a voler dire che non è quello il focus del film.
E proprio quando pensiamo che Red , White & Blue sia diventato un semplice slasher all'arma bianca , Rumley ci sorprende ancora una volta con una citazione sbilenca di Peckinpah che si trasforma subito in una speranza di ripartire per il futuro, lasciando però la stessa sensazione di ostinata, nichilistica  solitudine che ha caratterizzato tutto il film.
Red , White & Blue è un campionario di umana disperazione con tre personaggi verso i quali si arriva a provare qualcosa di simile a compassione, nonostante gli atti che commettono.
Ed è questo che lascia più sconvolti di questo film.
Non si può provare un sentimento simile  per tre personaggi che compiono tali nefandezze.
Eppure Rumley annulla le distanze e ci mette davanti alle contraddizioni della nostra coscienza.
La stessa che ci fa piangere per la dimostrazione di fedeltà di un cane per esempio e ci fa restare indifferenti  per le inenarrabili violenze perpetrate ai danni di altri esseri umani in molte parti del mondo.
Non ultima la patria della bandiera Red , White & Blue per antonomasia.
Stars and stripes, stelle e strisce sostituite dal sangue e dalla disperazione.

(VOTO : 8 / 10 ) Red White & Blue (2010) on IMDb