I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

sabato 31 agosto 2013

Open Grave ( 2013 )

Un uomo si risveglia confuso e senza ricordi nel bel mezzo di una fossa comune accatastato su decine e decine di cadaveri. Una donna  lo aiuta a venir fuori da quella situazione non tanto igienica e vagando per il bosco trova una casa in cui viene accolto, non tanto bene a dir la verità, da altre persone che sono più o meno nella sua stessa situazione: non ricordano chi siano, che cosa facciano, hanno tutti un misterioso segno su un braccio e cercano di capire chi sia stato a uccidere tutte quelle persone , se tra di loro si nasconde un maniaco omicida, Intanto i ricordi cominciano a venir fuori sotto forma di brevi flash e contemporaneamente si accorgono di non essere soli. La foresta sembra infestata di uomini che hanno perso il lume della ragione ....
All'inizio flirta pericolosamente con lo stereotipo questo Open Grave: uomini senza memoria ( quante volte è stato usato questo espediente da Memento fino a roba come Cube o Saw-L'enigmista), che si riuniscono nella solita casa del bosco ( e qui di filmografia horror di riferimento se ne può trovare quanta se ne vuole) che è circondata da esseri umani o che una volta erano tali che non si dimostrano tanto amichevoli con gli occupanti della casa ( e anche qui idem con patate, riferimenti a iosa).
Eppure il regista spagnolo Gonzalo Lopez Gallego che avevo apprezzato nel precedente Apollo 18, uno sci fi girato con la tecnica del found footage e capace di provocare un discreto senso di inquietudine, non si accontenta di fermarsi ai riferimenti di cui sopra: si vede che è ambizioso e gioca con i vari generi cercando di ibridarli a suo piacimento:
Da giallo a survival horror il passo è breve ma poi nel finale di passo ( stavolta non tanto breve) se ne fa ancora un altro travalicando il concetto di genere e spostandosi ancora verso altri lidi.
Quindi l'idea di fare qualcosa che vada oltre il semplice horror c'è , è ben evidente e solo per questo Open Grave dovrebbe essere apprezzato.
Il problema della pellicola in questione è che non c'è una scrittura o una struttura filmica che riesca a star dietro all'ambizione di Gonzalo Lopez Gallego. A parte una fotografia sontuosa di Jose David Montero che valorizza al meglio le lussureggianti foreste ungheresi in cui il film è stato girato per contenere il budget, c'è ben poco da raccontare.
Gli snodi narrativi sono troppo elementari per solleticare l'attenzione dello spettatore più smaliziato, i personaggi non hanno alcuna progressione durante il film ( cosa praticamente imperdonabile perchè  dovrebbero aumentare di intensità con il riaffiorare dei ricordi ) , il crescendo orrorifico è praticamente abolito da una parte centrale piuttosto blanda che centellina i colpi di scena e la soluzione finale lascia talmente tanti dubbi da risultare poco convincente.
Occorre dire però che soprattutto nella parte finale la cinepresa di Gonzalo Lopez Gallego vola alta ( un po' in tutti i sensi) perchè si apre a sequenze di un certo impatto visivo.
Convincenti gli attori , il problema di fondo di questo film rimane la scrittura che si rivela ben poca cosa.
Intende giocare con i vari sottogeneri ma si limita a mescolarli tra di loro abbastanza meccanicamente senza quello scatto in più che aveva per esempio The cabin in the woods che usava lo stereotipo come rampa di lancio per raccontare qualcosa di veramente nuovo per il genere di provenienza.
Cosa che non succede in Open Grave: si utilizza lo stereotipo semplicemente per andare da un sottogenere all'altro senza dire alcunchè di nuovo od orginale.
Ed è un vero peccato perchè con queste premesse poteva venir fuori qualcosa di meglio....

( VOTO : 5 / 10 ) 

Open Grave (2013) on IMDb

venerdì 30 agosto 2013

Starbuck 533 figli e...non saperlo ( 2011 )

David Wozniak, 42 enne canadese di origini polacche fa le consegne di carne per la macelleria di famiglia. E' un po' la pecora nera della famiglia, quello più sbalestrato e dalla vita più disordinata. Ha una relazione complicata con la poliziotta Valerie, molto più adulta e matura di lui e quando lei gli dice che aspetta un bambino da lui, succede una cosa che ha dell'incredibile: viene contattato dalla clinica con la quale aveva collaborato fornendo a pagamento sperma per fecondazioni artificiali e gli viene comunicato che grazie al suo liquido seminale sono nati 533 figli di cui 142 vogliono conoscerlo rompendo il vincolo legale dell'anonimato.
Assieme al suo avvocato, l'amico di sempre, si oppone alla class action intentata dai suoi figli biologici ma intanto vuol diventare un  surrogato di angelo custode per loro. Entra nelle vite di qualcuno di loro cercando di migliorarle, ma soprattutto cercando di migliorare se stesso.
Con uno spunto così era lecito aspettarsi la solita, stupida, commedia americana basata su gags di comicità decerebrata da bar dello sport  giusto per strappare la classica risata grassa.
E invece no, Starbuck 533 figli e ... non saperlo ( il solito vizio italiota di spiegare troppo nel titolo, perchè non lasciare semplicemente Starbuck?) è una commedia canadese, francofona che , a conti fatti, si rivela molto meno stupida del preventivato.
Il punto di partenza è di un grottesco incredibile: che fare se un donatore di sperma ( o meglio venditore perchè David lo vendeva per sopravvivere) perdesse l'anonimato e potesse essere conosciuto dai suoi figli biologici? E se questi fossero più di 500?
Il regista Ken Scott, qui alla sua opera seconda, invece di esplorare il lato farsesco della vicenda, e ne avrebbe avuto ben donde con tutto questo materiale a disposizione, preferisce concentrarsi sulla crisi personale di David, eterno Peter Pan perennemente in ritardo agli appuntamenti della vita, ultraquarantenne capace a stento di badare a se stesso senza fare danni e incapace di portare avanti seriamente una relazione sentimentale degna di questo nome.
La class action intentata da 142 suoi figli biologici per cercare di conoscerlo si trasforma in un' ottima occasione di crescita e il film racconta proprio questo percorso di formazione di David "Starbuck" Wozniak, l'uomo che avrebbe voluto rimanere sempre ragazzino impenitente e attaccato alle futilità della vita.
Naturalmente si ride anche, perchè è impossibile non farsi prendere la mano in una situazione a così alto tasso di comicità potenziale ma tutto viene alternato a momenti più "pensosi" in cui David svela se stesso e riesce a trovare dentro di sè delle risorse del tutto inaspettate.
Quando scopre che poi diventerà padre per la prima volta di un figlio suo, non affidando il suo sperma a ovuli anonimi selezionati da una clinica, la sua maturazione sarà completa.
Avrà finalmente la consapevolezza di dover vivere in funzione di qualcun altro. E si godrà la sua famiglia (( surrogata) allargata.
Può anche avere i suoi pregi avere intorno 142 figli....
Una bella sorpresa questo film dal ritmo a volte un po' blando ma assolutamente gradevole nonchè ben confezionato e recitato ( Patrick Huard nella parte di Starbuck è eccezionale , così come vale da solo il prezzo del biglietto il suo amico avvocato, personaggio curiosamente senza nome, recitato dal corpulento Antoine Bertrand).
Soprattutto ha la capacità di far sorridere e far riflettere allo stesso tempo, cosa affatto comune nelle commedie di oggi.
La distribuzione italiana di è accorta di questo film con soli due anni di ritardo, dopo un fruttuoso giro per molti festival specializzati e dopo essere uscito praticamente in tutto il mondo ( in Islanda è uscito a giugno del 2012, in Grecia a luglio dello stesso anno, in Ungheria ad aprile di quest'anno e in Colombia a maggio sempre di quest'anno, tutto ciò solo per dire di quanto ormai siamo terzomondo cinematografico).
Alla fine sono riusciti a farlo vedere su grande schermo a noi poveri spettatori italioti.
Habemus Starbuck!

( VOTO : 7 + / 10 ) 

Starbuck (2011) on IMDb

giovedì 29 agosto 2013

Now you see me - I maghi del crimine ( 2013 )

Quattro illusionisti, ognuno con un'abilità specifica vengono convocati presso un vecchio palazzo da un misterioso individuo. Un anno dopo sono The Four Horsemen ( i quattro cavalieri),organizzano spettacoli illusionistici faraonici in cui apparentemente riescono a rapinare banche durante il loro show , restituendo soldi agli spettatori. L'agente Rhodes dell'FBI e l'agente Alma Vargas dell'Interpol indagano su di loro cercando di scoprire dove sia il trucco e si fanno aiutare da Thaddeus Bradley, ex illusionista ,ora passato all'altra sponda perchè conduce un programma televisivo che smaschera tutti i trucchi degli illusionisti.
Eppure stavolta c'è qualcosa che sfugge anche a lui e The Four Horsemen intanto organizzano la loro definitiva uscita di scena con un qualcosa di mai visto prima....
Quante volte abbiamo sentito dire la frase " Il cinema è illusione..."?
Ecco, per vedere Now you see me - I maghi del crimine bisogna essere pronti ad estremizzare questo concetto fino a un limite forse mai raggiunto prima.
Lo spettatore del film è trattato alla stessa stregua degli ignari astanti che presenziano agli spettacoli dei Four Horsemen: viene portato a vedere esattamente quello che vogliono loro.
E noi che vediamo il film siamo manovrati per notare solo quello che vogliono farci vedere Louis Leterrier e i suoi sceneggiatori Solomon , Yoakin ( due con un pedigree lungo così ) e l'esordiente Ricourt.
Il regista non è più tale ma diventa illusionista e fa diventare Now you see me - I maghi del crimine una sorta di spettacolo di magia, uno di quei classici film che , una volta terminati , ti vien voglia di rivedere daccapo solo per vedere se tutto funziona per il verso giusto sotto il profilo della logica.
E son sicuro che anche rivedendolo, qualche dubbio rimarrebbe.
La prima parte del film è compatta, granitica, fila via veloce e senza intoppi con tutte le tessere del puzzle che occupano il loro posto, la seconda parte, quando si tratta di tirare un po' le fila di tutto, perde qualche colpo, si ingolfa e fa venire i dubbi di cui sopra.
Soprattutto si arriva all'iperbole sfruttando al massimo la credulità dello spettatore che viene portato a spasso in un luna park fantasmagorico.
La soluzione dell'enigma  personalmente non mi ha convinto del tutto e poi come al solito è stata inserita, seppur di striscio, quella deriva sentimentale classica hollywoodiana ( prescritta nel manuale Cencelli che accompagna ogni film che deve incassare un botto di soldi) da cui pare che non si possa sfuggire,quasi fosse un 'epidemia influenzale.
Now you see me - I maghi del crimine è un film più furbo che bello, girato in modo fighetto da un regista che ama specchiarsi nei suoi carrelli acrobatici e nelle sue sequenze action al calor bianco ( del resto è uno dei figliocci prediletti di papà Luc Besson) accessoriato con un bel cast che mostra una discreta chimica di squadra.
Impossibile pretendere troppo da un fumettone come questo studiato specificatamente per intrattenere il pubblico con un mix ben bilanciato di magia, azione e risate ma bisogna dire che il film di Leterrier riesce perfettamente nella sua missione.
Intrattiene a dovere, non fa troppo vergognare se uno si sorprende a divertirsi per quello che sta vedendo, è ottimamente confezionato e ben recitato.
Due ore in relax da passare a neuroni spenti ( inutile accenderli perchè tanto niente è come sembra e quindi meglio non affaticarsi troppo in questa canicola estiva) pensando a quanto il cinema sia illusione.
A 24 fotogrammi al secondo.

( VOTO : 7 / 10 ) 


Now You See Me (2013) on IMDb

mercoledì 28 agosto 2013

Buongiorno papà ( 2013 )

Andrea è un piacione ormai più vicino ai quaranta che ai trenta e che non si rassegna al tempo che passa: la sua vita è fatta di feste, incontri occasionali con ragazze da cui lui vuole una notte di sesso e basta, di riunioni di lavoro nell'agenzia di product placement in cui è uno dei pezzi pregiati. Convive con un amico di vecchia data, Paolo, che è tutto l'opposto di lui: dimesso, disoccupato, idealista, in attesa di un qualcosa che dia un svolta alla sua vita. Un giorno a casa di Andrea arriva Layla, come quella di Eric Clapton, diciassettenne che asserisce di essere sua figlia. E' accompagnata da Enzo, rockettaro over 50 , anche lui poco rassegnato all'anagrafe, che è suo nonno. Ed è così che dopo aver fatto gli accertamenti clinici del caso viene stabilito che  Layla è veramente la figlia di Andrea e si è presentata da lui dopo che è morta la madre, uno degli incontri occasionali estivi di Andrea quando era poco più di un ragazzo.
Inutile sottolineare lo scompiglio nella vita di Andrea che creano i nuovi arrivati....che fare?
Buongiorno papà è la seconda regia di Edoardo Leo, che si riserva anche il ruolo di Paolo , anche in veste di cosceneggiatore assieme a Massimiliano Bruno , il re Mida della nuova commedia italiana.
Ha l'ambizione di fornire un ironico spaccato generazionale con tutti i contrasti che mette in luce ma alla fine si rivela il solito farlocco scimmiottamento della realtà, più falso di una banconota da tre euro.
E qui è necessaria una piccola chiosa: sinceramente ne ho le tasche piene di questi film che hanno la pretesa di guardare alla realtà descrivendone alcuni suoi aspetti per poi rivelarsi più fantascientifici dell'Avatar di turno.
E , purtroppo, il cinema italiano affetto da commedite acuta e in crisi creativa profonda , qualcosa che sta assomigliando sempre più a un coma irreversibile, è ormai pieno di questi film che taroccano la quotidianità.
Qui abbiamo protagonisti tipizzati in modo da incarnare alla perfezione uno stereotipo che vengono contrapposti gli uni agli altri: lo sciupafemmine superficiale che fa un lavoro fatto solo di esteriorità ( il product placement nei film che qui viene esagerato grazie a questo espediente) , l'idealista sfigato che non si sa come faccia a sopravvivere, l'ultracinquantenne ( ma forse anche ultrasessantenne), ex rocker , fermo agli anni '70 in cui riscuoteva un certo successo col suo gruppo da balera di quarto ordine, una diciassettenne figlia di un padre che si dimostra molto più infantile di lei, una prof di ginnastica che elargisce aggratis perle di psicologia spicciola manco fosse una psicoterapeuta.
Tutto con la pretesa di essere realistico o almeno verosimile e che invece si rivela la solita favoletta da raccontare agli spettatori sprovveduti che vengono trasbordati su una sorta di mondo parallelo che non ha nulla in comune col mondo in cui realmente si vive ogni giorno.
Buongiorno papà è il classico film cerchiobottista che si rivolge a tutte le generazioni: ai quarantenni col complesso di Peter Pan, agli adolescenti che hanno problemi con i genitori e anche a tutti quelli in cerca di una svolta.
Tutto girato con stile molto soft, con ritmo blando e stanco e a nulla servono le schitarrate di Giallini, l'unico che sembra veramente credere in quello che fa ed è un paradosso che il suo sia il personaggio più off limits di tutti.
A parte qualche gag ben assestata, ma si contano sulle dita di una sola mano, Buongiorno papà ha le sembianze del solito romanzetto di formazione con la sola variante che stavolta chi deve crescere è il padre e non la figlia.
Un po' poco e un po' troppo tardi.

( VOTO : 4 / 10 ) 

Out of the Blue (2013) on IMDb

martedì 27 agosto 2013

Europa Report ( 2013 )

Una missione spaziale con astronauti di varie nazionalità viene inviata verso Europa, il quarto satellite di Giove , la cui superficie coperta da ghiacci potrebbe nascondere forme di vita . Il compito dei vari membri del'equipaggio è di raccogliere vari campioni al di sotto della crosta di ghiaccio e di analizzarli.
Ma naturalmente non tutto va per il verso giusto. Anzi.
( CONTIENE SPOILER )
Europa Report è uno dei pochi film di sci fi girati con la tecnica del found footage. Personalmente ho un rapporto abbastanza contrastato con questa tecnica e anche col mockumentary, nel senso che le ritengo forme espressive cinematografiche piuttosto interessanti ma che sono state spesso utilizzate male, malissimo, sono state solo un espediente per fare film a basso costo e di scarsa qualità tecnica , poco cinematografica insomma.
Il solito discorso del cinema che riprende la realtà da più vicino possibile scimmiottandola malamente.
Con il found footage e il mockumentary siamo arrivati alla caricatura di questo concetto, tralasciando ogni esigenza di realismo ( non è un caso che queste tecniche siano utilizzate soprattutto per uno dei generi di fantasia per antonomasia, l'horror ) semplicemente per assecondare le smanie voyeuristiche dello spettatore.
Con Europa Report il discorso invece è diverso: è un film di sci fi ( perchè ancora non siamo in grado tecnicamente di mandare una missione spaziale con astronauti su Marte, figuriamoci su Giove) che però fa del realismo la sua arma principale,cerca di essere ancorato il più possibile alle leggi della fisica e quindi la tecnica del found footage era in qualche maniera necessaria per rendere ancora più plausibile quanto narrato.
La fonte attraverso si vede tutto sono le telecamere di bordo o quelle montate sul casco della tuta da astronauta quando i vari membri dell'equipaggio vanno in esplorazione al di fuori della navicella spaziale.
Quello che colpisce di Europa Report è che riesce a restituire in qualche modo la quotidianità della vita di un astronauta in missione tra lunghe pause di dolce far niente , quando non noia, riunioni tecniche, attività fisiche per non mandare in atrofia i muscoli che non si esercitano per la mancanza di gravità e tutto quello che compone una notte senza fine, illuminata solo dalle luci al neon della navicella spaziale, con spazi interni talmente limitati che da soli conferiscono al film un inquietante senso di claustrofobia.
Europa report naturalmente paga pegno ai capisaldi del genere ( direi qualcosa di 2010 L'anno del contatto, seguito apocrifo del capolavoro di Kubrick che guarda divertito da lassù,  ma anche qualcosa di Dark Star di Carpenter, senza la sua vena oltraggiosa e goliardica) mentre tra i film di sci fi più contemporanei direi Solstice di Danny Boyle ( prima dell'inopinata svolta new age ), Moon di Duncan Jones  e anche un piccolo film girato sempre con la tecnica del found footage che è Apollo 18 che però nutre la suspense con la classica creatura aliena nemica.
Nemico alieno che manca in questo Europa Report, un viaggio per arrivare alle origini della vita in cui il sacrificio diventa l'asse portante di un possibile progresso dell'umanità.
Niente mostri, solo il nero spazio profondo, silenzioso, illuminato unicamente dal firmamento, solo una crosta di ghiaccio sottile, troppo sottile che non riesce a reggere il peso della navicella spaziale quando cerca di decollare e che non regge neanche il peso di uno scafandro da astronauta, oppure una contaminazione che non permette di rientrare per non esporre gli altri a un rischio biologico.
Il sacrificio dei membri dell'equipaggio è fatto nel silenzio assoluto, senza glamour o effetti speciali che ne accentuino l'eroismo. Sono tutti eroi silenziosi che accettano il sacrificio in nome del progresso della conoscenza, senza un fiato, senza rassegnazione, orgogliosi di portare il proprio contributo alla scienza.
Anzi è spesso l'ansia di andare oltre nella conoscenza che li porta al sacrificio.
Europa Report è la testimonianza ulteriore che per fare un buon film  di sci fi non occorrono budget milionari da spendere in costosissimi effetti speciali: ci vogliono le idee.
E il film di Sebastian Cordero ne è pieno.
Naturalmente l'uscita italiana al momento non è prevista.

( VOTO : 7,5 / 10 )

Europa Report (2013) on IMDb

lunedì 26 agosto 2013

An american ghost story - Revenant ( 2012 )

Paul, uno scrittore al momento non troppo occupato, decide di affittare una casa che i rumors vogliono stregata a causa di un grave fatto di sangue lì avvenuto. Ci si trasferisce con la sua ragazza, Stella, sperando in cuor suo che accada qualcosa e che possa riempire le pagine del suo libro con la sua esperienza " paranormale". I giorni passano e non succede nulla finchè qualcosa comincia a manifestarsi: Stella rinuncia per paura e lui resta a fronteggiare le strane presenze che popolano la casa durante la notte....
E' quasi impossibile prendersela con un film realizzato con un budget di 10 mila dollari a meno che non si chiami Paranormal Activity o che comunque dimostri di essere sufficientemente "onesto" come questa pellicola del , per me, carneade Derek Cole, sceneggiato dall'attore protagonista, un altro carneade che risponde al nome di Stephen Twardokus e con una crew talmente limitata, a leggere i titoli di coda  da far quasi tenerezza.
Girato in digitale e quasi del tutto in interni sfruttando gli ambienti della casa infestata, An american ghost story- Revenant ( a proposito il titolo originale era Revenant poi, forse per il successo del filone delle case infestate in quest'estate cinematografica , è stato aggiunto il resto del titolo) non ha nulla di originale da dire o da mostrare.
Avendo un budget limitato, ed è un eufemismo, prova a giocare tutto sull'atmosfera e su trucchi visibilmente a costo zero per cercare di far breccia nella psiche di uno spettatore alla ricerca di emozioni forti.
Che però latitano: il ritmo è troppo compassato, i sobbalzi sono rari e telefonati e Derek Cole non riesce a creare quell'atmosfera di tensione che gioverebbe e parecchio a un film come questo.
Anzi, il film procede placido e tranquillo fino a un finale, circa cinque minuti, in cui succede paraticamente di tutto e a velocità supersonica, come se il regista avesse risparmiato le cartucce per i primi 80 minuti e sparare tutto in un finale al calor bianco.
Per fortuna non c'è l'aggravante della tecnica del found footage o l'espediente del mockumentary per giustificare la telecamera posta in mano a un operatore in stato di delirium tremens : il tutto viene girato con una tecnica abbastanza " tradizionale".
Un punto di forza del film, si fa per dire, è la recitazione degli attori: di solito in pellicole con un budget esiguo come queste ci si imbatte sempre in un livello recitativo non adeguato, per non dire mediocre.
Qui invece si punta su pochissimi attori che però si rivelano discretamente capaci e non i soliti guitti raccattati sul marciapiede al primo angolo di strada.
An american ghost story - Revenant si immette nel mare magnum del sottogenere horror delle case infestate, stile Sinister, The Conjuring tanto per citare due esempi molto recenti e lo coniuga col digitale di produzioni come Paranormal Activity, sembrando però un prodotto più onesto, più scritto e recitato rispetto alla saga iniziata da Oren Peli.
Tutto questo non basta però a sollevarlo dalla mediocrità: è un qualcosa che si dimentica appena sono iniziati i titoli di coda.
Una curiosità(SPOILER-SPOILER-SPOILER): una nota di merito al fantasma che appare con tanto di lenzuolo a farne intuire le forme: un modo decisamente vintage, ma direi anche simpatico,  di raffigurarlo....

( VOTO : 5 / 10 ) 


An American Ghost Story (2012) on IMDb

domenica 25 agosto 2013

La fredda luce del giorno ( 2012 )

Will Shaw , consulente finanziario, da San Francisco raggiunge la sua famigliola in vacanza sulle coste spagnole con la loro barca a vela. A minare questo delizioso quadretto familiare ( oddio, i rapporti tra Will e il padre, nientepopodimeno che Bruce Willis, non sono propriamente idilliaci) c'è il misterioso sequestro del parentado. Will rimane da solo , fa a tempo a scoprire che il padre è una specie di agente della CIA prima che un cecchino lo faccia fuori e lui si ritrova a dover trovare una misteriosa valigetta per salvare mamma, fratello e fidanzata del fratello.Ma questa valigetta la vogliono un po' tutti a partire da una collega di papà ( nientepopodimeno che Sigourney Weaver) per arrivare a un gruppo di agenti nemici...o erano terroristi? Boh!
Posso dire una cosa con assoluta e delicata pacatezza?
Questo è uno dei thriller più insulsi, insignificanti e irritanti che abbia visto negli ultimi anni.
A parte un titolo che è tutto un programma ( ma che vuol dire La fredda luce del giorno? e che c'entra col film, ambientato in un'assolata estate spagnola?) il film di Mabrouk El Mechri, che aveva solleticato le papille gustative del cinefilo col thriller metacinematografico JCVD in cui aveva fatto anche recitare Van Damme ( pianosequenza di sette-minuti-sette...vedere per credere), è iscritto senza riserve alla fiera del deja vu.
Da uno spunto hitchcockiano che più che classico definirei ormai stantio per come è stato usato, troppo e male  durante gli anni, cioè il classico americano mascellone e boccalone in vacanza in un posto in cui sembrano tutti minorati mentali perchè quelli fighi o cool , per dirla all'americana, sono solo gli yankees, che si ritrova da solo contro tutti e alle prese con una missione a prima vista impossibile, si dipana un filmetto che sembra veramente fatto da americani in vacanza al minimo sindacale di impegno e di espressioni.
E ci vuole un certo coraggio per abbindolare l'ignaro spettatore con una locandina in cui il vero protagonista sembra Bruce Willis ( a proposito messaggio per brusuillis: nonostante continui a presenziare in questo cinema escrementizio per solo amore di pagnotta, ci vogliamo bene lo stesso a brus) che sarà presente al massimo per un quarto d'ora.
Vogliamo poi parlare di una Weaver che sembra che stia facendo i provini per The Expandables 3 o Red 3 ed esibisce una mira degna di Mr Magoo riuscendo a sbagliare il bersaglio grosso da un paio di metri al massimo?
Tutto questo per non parlare del broker palestrato Henry Cavill, in era pre Man of Steel , che si dimostra uno dei protagonisti più insignificanti e anodini che abbia visto ultimamente.
E' buono solo per prendere mazzate e a questo punto era meglio ingaggiare nella parte un sacco da pugile, tanto l'espressività era la stessa e la capacità di incassare colpi anche maggiore.
Altro delitto perpetrato da La fredda luce del giorno  in pieno sole, è proprio il caso di dirlo,la battura sorge spontanea, è sprecare una bellissima faccia da cinema come quella di Roschdy Zem in un ruolo che più insulso non si può.
In definitiva una vera porcheria da sconsigliare agli amanti del thriller e del cinema in generale.

( VOTO : 3,5 / 10 )

  The Cold Light of Day (2012) on IMDb

sabato 24 agosto 2013

Febbre da fieno ( 2010 )

Matteo lavora al Twinkled  un negozio di memorabilia, cose vecchie e soprattutto kitsch. Il negozio non va bene e il proprietario è tentato di venderlo, la vita di Matteo neanche visto che la sua ex , di cui è ancora perdutamente innamorato, lo ha ricontattato solo per avere il suo seme perchè vuole fare un figlio con la sua nuova compagna ( eh si, lo ha lasciato perchè si è scoperta lesbica). La college di Matteo, Frankie, cerca di aiutarlo a superare questo momento di empasse ma lei sta messa anche peggio visto che si ostina a spedire lettere che non saranno mai lette al suo idolo Jude Law. Un giorno però, per un lavoro, al negozio arriva Camilla e cambia tutto.
Matteo ritrova una ragione per andare avanti.
Febbre da Fieno è un film di dimensioni produttive contenute che "osa" parlare di quella generazione che va dai 20 ai 40 anni senza ricordare il filosofo al Guttalax Moccia, supremo esegeta in pillole. Solo per questo meriterebbe il massimo della valutazione.
Il film della Luchetti dimostra che in Italia è possibile anche fare film il cui quoziente intellettivo superi abbondantemente quello dell'ornitorinco, senza alcuna pretesa sociologica ma che riescano a raccontare i balbettamenti di questi giovani che la gioventù la stanno salutando e allo stesso tempo stentano a rassegnarsi all'anagrafe.

Roma Roma Bella

E'un film che sfrutta angoli di Roma riconoscibilissimi ma si avventura anche in scorci poco frequentati dal cinema (come le belle sequenze girate al Maxxi ancora chiuso al pubblico).
La fotografia che privilegia i toni saturi ci regala una città  coloratissima, calda anche nelle sue tonalità autunnali. Una città inquadrata in modo decisamente moderno con angoli di ripresa molto personali. Non è un caso che qualcuno abbia parlato di Nouvelle Vague.
La libertà che si respira fa pensare a quell'immortale stagione

T'ho dipinta io

Il film racconta dell'amore nato dopo una casualità tra la bella Camilla, un sorriso che non conosce confini incorniciato da due labbra da spedire a un indirizzo nuovo, e Matteo giovane perennemente nel guado che pensa ancora alla sua ex che l'ha abbandonato per un'altra.
Camilla e Matteo si frequentano e il teatro della loro storia è il negozio di collezionismo d'annata sull'orlo del fallimento di proprietà di Stefano, idealista impenitente che vive calzando praticamente sandali alati sempre aggrappato ai propri sogni.

Gialla come er sole

Il loro tiraemmolla amoroso non ha nulla di inedito o trascendentale ma la leggerezza di tocco con cui viene raccontato arriva quasi ad avvincere, così come non disturba la voce fuori campo della stessa Fleri che ci spiega le coordinate del raccontino.
Il suo modo di pronunciare la "r" per me è già ragione sufficiente per cadere ai suoi piedi e proclamarmi suo schiavo.
Il negozio di Stefano in cui lavora anche la giovane rasta Frankie intenta a scrivere lettere a Jude Law, vera e propria entità immateriale che le permette di non farsi male con un amore vero, è orgogliosamente proiettato nel passato così come la sua scarsa ed umorale clientela e per i personaggi che vi gravitano diventa una sorta di bolla temporale in cui isolare se stessi dalle angustie del presente.
Una filosofia di vita figlia dei fiori e di qualche funghetto allucinogeno di troppo (che qui comunque non viene usato e neanche nominato).

Rossa come er core mio

Il film è leggero, romantico, induce spesso al sorriso, è visivamente appagante grazie a una Roma fotogenica al massimo e ai colori accesi che la contraddistinguono fin quasi alla fine.
Quasi perchè c'è una svolta drammatica inaspettata, un vero e proprio sgarbo alle ferree regole della commedia, sentimentale in questo caso.
Che fa uscire dal cinema pensosi e intenti a metabolizzare il colpo di scena che per molti sarà anche gratuito, ma sicuramente non banale.
Febbre da fieno è un film da incoraggiare anche oltre i propri meriti perchè dimostra che comunque ci sono anche autori nuovi da far crescere che hanno qualcosa di diverso da dire.come la  Luchetti all'esordio nel lungometraggio dopo esperienze in corti e documentari.
Eppure stilisticamente appare maturo e soprattutto personale.
Vedremo se la regista conserverà questa sua impronta anche nella sua opera seconda.
Se mai ci sarà.....

( VOTO : 7+ / 10 ) 


Hayfever (2010) on IMDb

venerdì 23 agosto 2013

L'evocazione - The conjuring ( 2013 )

Siamo nel 1971: i  Perron, numerosa famiglia composta da padre, madre e cinque figlie si trasferiscono nella loro nuova casa comprata a un'asta della banca. Appena arrivati si accorgono che c'è qualcosa che non va: succedono strane cose e si trovano di fronte a fenomeni paranormali difficilmente spiegabili in modo razionale. Per questo contattano i coniugi Warren, celebri indagatori del paranormale che si stabiliscono nella loro casa per un  certo periodo con tutte le loro attrezzature. 
La casa è infestata da presenze demoniache e non sarà affatto facile mandarle via: oltre alla vita dei Perron è in gioco anche quella dei Warren....
L'evocazione - The conjuring è stato senza ombra di dubbio il caso cinematografico dell'estate americana: un budget piccolo per gli standard a stelle e strisce ( circa 13 milioni di dollari) e incassi che hanno superato ampiamente i 100 milioni ( al momento siamo a circa 130 milioni e il tassametro corre ancora) , un volume di ricavi così alto che ha inevitabilmente messo in moto la macchina del sequel.
La ragione del successo di questo film è facilmente spiegabile: L'evocazione - The conjuring consegna allo spettatore tutto quello che desidera su un piatto d'argento.
E che cosa vuole uno spettatore che va al cinema sfidando la canicola estiva per gustarsi un horror al fresco dell'aria condizionata del multiplex? Vuole la paura, vuole provare emozione, sobbalzi, crampi allo stomaco per la tensione.
E il film di James Wan è perfetto in questo, mantiene esattamente ciò che promette infiocchettando tutto in una confezione regalo da paura, è proprio il caso di dirlo.
L'evocazione - The conjuring non è un film originale , nè ha la pretesa di esserlo visto che si presenta fin da subito come un remake non dichiarato di The Amityville Horror , il primo di una lunga serie che lo ha seguito, quello del 1979.
Stessa atmosfera sinistra sin dalle prime sequenze, una casa che è praticamente la copia carbone dell'altra, stessa progressione orrorifica che parte da piccoli segni inquietanti per esplodere in qualcosa di ultraviolento.
Rispetto a quel film, L'evocazione - The conjuring moltiplica tutto all'ennesima potenza come se avesse una tigre nel motore che l'altro non aveva : ridottissimi i tempi di attesa anche se ci vuole un po' di tempo per introdurre i personaggi e poi un florilegio di scricchiolii, armadi che si aprono, apparizioni, sonnambulismo e così via .
Tutto orchestrato alla perfezione e scandito con ritmo alacre da un metronomo invisibile che non dà il tempo allo spettatore neanche di riflettere su quello che ha appena visto.
Altra citazione che si coglie è quella di Poltergeist di Hooper, soprattutto nella seconda parte del film quando i Warren si installano a casa dei Perron con le loro apparecchiature, decisamente naif se confrontate a quelle digitali che infestano i film odierni.
E questo aspetto un po' naif di tutto il film che ha uno stile decisamente vintage fuori dagli standard degli horror di ultima generazione credo che sia la sua carta vincente.
In fondo mi piace pensare che questo film di Wan rappresenti un omaggio deferente e divertito agli horror anni '70  da cui vengono mutuate atmosfere  anche grazie a scenografie ricostruite alla perfezione.
E la regia come al solito è assolutamente al di sopra di ogni sospetto così come la recitazione.
Non sarà così originale, avrà anche i suoi momenti di deja vu ma L'evocazione - The conjuring è puro godimento suino per il fan verace dell'horror.
Gli altri non reggeranno a tali sollecitazioni.
Perchè questo è un film che fa veramente paura.

( VOTO : 7 + / 10 ) 


The Conjuring (2013) on IMDb

giovedì 22 agosto 2013

Death sentence ( 2007 )

Nick Hume , ha un bell'ufficio, un bel lavoro, un bello stipendio, una bellissima famiglia e una villona da urlo in cui vive. Una sera di ritorno da una partita di hockey giocata dal figlio maggiore che si sta apprestando a iscriversi all'università ( in Canada per continuare a giocare a hockey ad alto livello ) ad una stazione di servizio in cui si sono fermati a fare benzina subiscono l'assalto di una gang che uccide il benzinaio e , per un'assurda prova di coraggio di uno di loro che deve entrare a farvi parte, uccide anche il figlio di Nick.
Il quale, pur avendo la possibilità di denunciare l'assassino non lo fa e decide di farsi giustizia da solo.
La faida è appena iniziata perchè la gang vuole vendicarsi sulla sua famiglia .
La lotta sarà all'ultimo sangue.
Negli anni '70 e oltre la saga de Il giustiziere della notte diede voce e lustro all'America repubblicana e giustizialista scavando ben bene nell'immaginario collettivo e facendo vagheggiare nella mente di ognuno l'ideale di un mondo "perfetto" in cui tutti si amministrassero la giustizia da soli.
Death Sentence di James Wan è un'ideale figlio ( o nipote visto il tempo passato) di quella ideologia un po' da western , una legge del taglione 2.0 in cui tutti sono artefici della propria giustizia personale.
E ognuno dei personaggi di questo film ha il suo personale senso di giustizia: Nick all'inizio vuole saperne semplicemente di più ma poi quando inizia a sporcarsi le mani non la smette più, il capo della gang emette una sentenza di morte sul suo capo perchè Nick ha ucciso ( praticamente per caso) il più giovane affiliato della gang, Nick stesso condanna a morte gli altri componenti della banda e il boss quando lo toccano negli affetti familiari.
E lo spettatore gongola quando vede questo esponente della classe media che si trasforma in una specie di Superman giustiziere e che praticamente , volente o nolente , compie una strage.
La polizia naturalmente sta a guardare, anzi no, non guarda neanche, è voltata dall'altra parte e questa risulta essere la parte più debole del film: non è possibile che si scateni praticamente una faida alla luce del giorno e i poliziotti fanno finta di niente e anche quando ne rimangono uccisi un paio si continua così come se niente fosse, neanche uno straccio di indagine nonostante Hume gli abbia praticamente fornito l'identità degli assassini.
Sotto il profilo della credibilità non ci siamo ( e abbiamo sorvolato su diverse cose) e anche sotto il profilo ideologico il film presta il fianco a molte critiche .
Dal punto di vista cinematografico invece non si può far altro che apprezzare la regia pulita di Wan che non perde mai il controllo neanche nelle scene più convulse e che in un paio di sequenze ( quelle in cui si intravede l'antro degli orchi, pardon dei membri della gang ) rende omaggio alla sua provenienza dall'horror.
Death Sentence è il classico film da godersi senza pensare troppo nè ai particolari poco credibili che lo costellano , nè all'ideologia che lo permea.
Bypassato tutto questo oltre all'elogio sperticato dell'unione familiare che non poteva assolutamente mancare, è un film assolutamente godibile.

( VOTO : 6,5 / 10 ) 


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mercoledì 21 agosto 2013

Bianca come il latte, rossa come il sangue ( 2013 )

Leo è un sedicenne che vive la sua adolescenza come fanno tanti altri: voglia di studiare poca, passione per il calcetto tanta ma soprattutto un amore viscerale per la bella e misteriosa ragazza del quarto, Beatrice. Si confida con la sua migliore amica , Silvia, tenta di conoscerla ma per la sua timidezza ogni tentativo va a vuoto. Quando finalmente, più per caso che per volontà, riesce a conoscerla , scopre il segreto di Beatrice: sta lottando contro una forma gravissima di leucemia. Comincia a frequentare la sua casa, a metterla al corrente dei suoi pensieri coadiuvato dalla sempre presente Silvia, da un rapporto di amicizia un po' sui generis con un giovane professore di italiano che gli elargisce pillole di saggezza tra un cazzotto e l'altro ( dato alla palestra di pugilato che frequentano entrambi) e da due genitori che non capiscono quello che fa il figlio ma si adeguano, cercando sempre di assecondarlo.
La lotta contro la malattia è disperata così come il bisogno di crescere di Leo. 
Le prove a cui lo sta sottoponendo la vita sono appena cominciate.
Avevo cominciato a vedere questo film per inerzia, quasi svogliatamente e la prima parte , vagamente mocciana, con una descrizione abbastanza standardizzata degli adolescenti di oggi non invogliava di certo alla prosecuzione della visione. E poi quella voce off, ne ho un po' le tasche piene di voci off che cercano di spiegare tutto , ma proprio tutto di quello che si sta vedendo, come se dovessero prendere per mano uno spettatore scemo per guidarlo attraverso il film senza azionare gli informi ammassi neuronali di cui è dotato.
Poi da Moccia siamo passati al primo Muccino, quello ancora spontaneo e verace di Come te nessuno mai e allora l'occhietto impigrito ha sollevato leggermente la palpebra.
In fondo Scicchitano non ha quell'insopportabile patata in bocca che aveva Muccino jr e funziona nel ruolo di Leo, ragazzetto bello e simpatico che dà retta solo ai suoi ormoni che tracimano letteralmente.
Poi ancora un cambio di tono: la lotta contro la malattia di Beatrice e qui viene fuori la sensibilità di un regista come Campiotti che riesce a curare una componente visiva di tutto rispetto, colorata e squillante nella prima parte e poi progressivamente svuotandola delle tonalità pastello per accondiscendere al pallore provocato dalla malattia di Beatrice.
Le lacrime convivono con i sorrisi senza forzare con prepotenza gli sbocchi dei dotti lacrimali, le parole si fanno più rade perchè in una situazione del genere non c'è nulla che si possa dire ( e neanche fare), una nube nera si addensa sulla crescita di Leo che aveva appena trovato l'amore e quasi se l'era lasciato sfuggire di mano per una crudele beffa del destino.
L'amore è però un sentimento assai misterioso e che arriva attraverso vie inaspettate.
Bianca come il latte, rossa come il sangue, dietro il titolo emo da horror adolescenziale, nasconde una sensibilità inattesa toccando con leggerezza vari temi a prima vista antitetici tra di loro come la difficoltà di crescere, le pene di amore , i fraintendimenti che ci possono essere tra genitori e figli e una malattia che può stroncare una giovane vita che si sta apprestando a vivere la parte più bella di una vita.
Niente retorica fine a se stessa, niente lacrime strappate a forza, solo uno sguardo comprensivo e complice rivolto verso questo gruppetto di giovani alle prese con la difficoltà che la vita frappone bastardamente sulla loro strada.
Campiotti riesce a muoversi equilibratamente attraverso tutte queste tematiche realizzando un prodotto più che dignitoso, convincente e che avrebbe meritato maggior fortuna.
Un po' troppo stile " Attimo fuggente" il prof di italiano recitato da Argentero e qualche perplessità sugli accenti esibiti dai vari attori: alcuni troppo improbabili per essere veri.
Ma son quisquilie per un film che riesce comunque a sorprendere e che riesce a far sopportare anche il fastidioso ronzio prodotto dai Modà nella colonna sonora.

( VOTO : 7 / 10 ) 

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martedì 20 agosto 2013

Una famiglia all'improvviso ( 2012 )

Sam, agente di commercio newyorkese, uno abituato a muoversi tra le pieghe della legge e indagato per frode a causa di un affaruccio poco pulito, deve tornare a Los Angeles per la morte del padre, un famoso produttore discografico molto in auge negli anni '70. O meglio, cerca di evitare anche di presenziare al suo funerale ma la sua compagna praticamente lo obbliga. Una volta arrivato a Los Angeles e aver avuto il primo incontro scontro con la madre, gli viene consegnato un necessaire per la barba che al suo interno contiene un biglietto, un indirizzo e 150 mila dollari. Sam scopre di avere una sorella  e lei ha un figlio piccolo con problemi di relazione scolastica .
Sam non sa che fare. La conosce non scoprendo la propria reale identità e , nonostante gli servano quei dannati soldi glieli fa recapitare,
Intanto, attraverso la madre, scopre tante cosette sulla doppia vita del padre....
Credo che oramai il cinema americano abbia creato un genere a parte sulla narrazione di storie pertinenti a famiglie disfunzionali.
E  la famiglia d'origine di Sam è di quelle da raccontare al cinema con un padre famoso, danaroso che addirittura ha una doppia vita,o forse tripla o anche quadrupla, chissà e che si affida a un figlio lontano e forse poco conosciuto per riunire i brandelli della sua esistenza sfilacciata post mortem.
Alex Kurtzman, produttore di successo, per il suo esordio al cinema sceglie di portare una storia vera, la sua, non sappiamo fino a che punto romanzata e "accomodata" cinematograficamente.
Lo fa con trasporto eppure la retorica è sempre lasciata in un angolino.
La storia di Sam e della sua sorella(stra) Frankie  sembra veramente una di quelle storie che possano succedere in ogni angolo di mondo. E' la storia della ricerca di uno scampolo di felicità nascosto da qualche parte, la ricerca di quell'entità minima indissolubile che tutti noi chiamiamo famiglia e che nessuno dei protagonisti ha mai potuto avere, vivere.
Sam e Frankie sono giunchi sballottati dal vento delle circostanze, latori di una solitudine incosapevole ma dolorosa di cui diventano consci solo quando vengono a sapere che cosa si sono persi in tutti quegli anni.
E se Sam trova in Frankie una sorta di ancora di salvezza , molto più che nella sua compagna Hannah, lei pensa con rabbia a quanto abbia dovuto rinunciare: a un padre, a un rapporto con lui, al concetto di famiglia di cui sopra.
Mi sono avvicinato con diffidenza a questo film perchè come si dice a Hollywood, parte sud, i figli sono pezzi 'e core , e pensavo di ritrovarmi di fronte al solito polpettone lacrimoso travestito da fondo di magazzino di fine stagione.
E invece la regia è accorta, misurata e riesce a trovare una coppia di protagonisti veramente azzeccata: Chris Pine ha la faccia molto meno pulita del solito, è meno bambolotto e più uomo, la Banks , versione MILF è una mamma veramente sexy ma non si limita alle moine, recita con tutta se stessa, la Pfeiffer nonostante l'età che avanza è ancora di una bellezza stordente anche  in un personaggio mortificato fisicamente e dimostra ancora una volta la sua bravura.
Magari qualche sforbiciata qua e là avrebbe giovato, magari sarà indigesto per chi non si appassiona a queste storie di rapporti familiari da ricostruire su un pugnetto di macerie, ma Una famiglia all'improvviso potrebbe anche sorprendere uno spettatore preparato a chissà quale tour de force dei canali lacrimali.
In positivo.

( VOTO : 6,5 / 10 )  

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lunedì 19 agosto 2013

Anni di piombo ( 1981 )

Julianne e Marianne sono sorelle ma il loro rapporto è molto problematico sin dall'adolescenza. Una fa la giornalista, l'altra è detenuta in un carcere di massima sicurezza perchè terrorista. perchè stanno dalla parte opposta dela barricata? Probabilmente per la differenza con cui hanno vissuto il rapporto con il padre ( un rigido pastore protestante) e quello con il passato nazista della Germania. Alla notizia del suicidio della sorella in carcere, la cronista vorrebbe indagare su quello che è successo, sembra più un omicidio politico che un suicidio , ma sembra che non interessi a nessuno. Sembrano tutti ansiosi di seppellire nell'oblio una brutta pagina di storia.
Sono stati cambiati i nomi: ma è chiaro a chi il film si riferisce. La storia delle sorelle Ensslin è il paradigma dello sbandamento sociale e ideologico che attraversava l'humus sociale della Germania Ovest ( e con lei anche l'Italia era sconvolta dallo stesso tipo di problema che aveva fatto versare troppo sangue) alle prese con la piaga putrescente del terrorismo.
Dall'ideologia alla lotta armata come unica via di propugnare le proprie idee.
Ma Anni di piombo non è un film nudo e crudo sul terrorismo  come erroneamente creduto da molti, soprattutto da quelli che criticarono l'atteggiamento ritenuto  troppo morbido della regista verso la terrorista incarcerata. 
La accusarono di non aver preso sufficientemente le distanze dalla lotta armata tratteggiando quasi più positivamente il personaggio di Marianne ( la terrorista), rispetto a tutte quelle guardie carcerarie che, come avvoltoi assistevano ai colloqui con la sorella Julianne per trascriverne ogni singola parola.
A mio parere non è così perchè alla Von Trotta non interessa parlare di terrorismo. 
O perlomeno non è il tema centrale del film.
Anni di piombo parla dello stretto rapporto tra due sorelle legatissime fin da piccole, figlie di un pastore protestante che aveva inculcato il suo prepotente senso religioso arrivando a preferirne una rispetto all'altra.
Marianne e Julianne la pensano anche alla stessa maniera politicamente ma scelgono due modi diversi per realizzare quello che hanno in mente. Julianne diventa giornalista, Marianne  abbandonati marito e figlio si dà alla clandestinità.
Questo è il primo interrogativo che pone il film. 
Perchè una donna con una certa stabilità economica rinuncia agli affetti familiari per una vita votata all'avventura, al rischio e alla lotta armata? L'ideologia può arrivare a farti abbandonare un figlio?
La seconda parte del film è scandita dalle visite in carcere: il rituale umiliante delle perquisizioni e dei colloqui in presenza di secondini silenziosi che annotano tutto quello che le sorelle si dicono, il ricordo di un passato vissuto assieme all'ombra anche delle stesse idee e l'interrogativo sempre incombente del perchè Marianne ha fatto tutto questo.
Il rapporto tra le due sorelle viene scandagliato in profondità, il film assume una densità emotiva impossibile da descrivere a parole, la cronaca familiare delle sorelle Ensslin nella drammatizzazione della Von Trotta diventa veramente difficile da dimenticare. 
La regista cerca l'equidistanza tra le due, cerca di capire il perchè, trova un miracoloso equilibrio nel tratteggio dei due personaggi, entrambi ricchi di quei coni d'ombra che li rendono ispidi e rendono praticamente impossibile il processo di identificazione.
E'impossibile parteggiare totalmente per una donna che ha anteposto l'ideologia all'affetto per suo figlio e risulta a tratti sgradevole anche il personaggio di Julianne che prevarica continuamente il suo uomo e che sceglie di andare avanti pervicacemente anche lei disinteressandosi di tutto quello che la circonda.

Il trait d'union tra le due sorelle.
Quando arriva la notizia del suicidio di Marianne ( suicidio storicamente ancora misterioso, permane il sospetto che lei e gli altri della banda Baader Meinhof siano stati "suicidati" su commissione) Julianne si prodiga per cercare di smontare pezzo per pezzo la tesi del suicidio.
Perde il suo uomo per totale disinteresse.Trova prove a suo parere inoppugnabili ma all'opinione pubblica non interessa.Chi se ne importa se hanno ammazzato qualcuno in carcere?Anzi va a finire che molti all'epoca pensarono che in quel carcere era stata fatta un'opera di pulizia necessaria al fine di mettere un macigno sul passato, solo per dimenticare.
Julianne perde fiducia per la scarsa civiltà incontrata nella sua lotta per un principio ma guadagna un nipote ( che dopo un'iniziale rifiuto vorrà sapere chi era la madre).
Anni di piombo è un film che unisce magnificamente il rigore formale al contenuto. Un grande film di impegno civile  ancora in grado di stimolare discussioni  a 30 anni dalla sua uscita.
Un plauso va alle magnifiche protagoniste Jutta Lampe e Barbara Sukowa che riescono a far tracimare dallo schermo la loro vibrante emozione.
Quel terrorismo fortunatamente è una pagina di dolore passata e ricollocata nei libri di storia.

( VOTO : 8 / 10 ) 


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domenica 18 agosto 2013

Amiche da morire ( 2013 )

Gilda si è trasferita da tempo in un'isoletta siciliana dove tra gli sguardi famelici degli uomini, quelli invidiosi delle donne e quelli malefici delle anziane esercita il mestiere più antico del mondo. Crocetta cerca disperatamente un uomo ( anche su internet...miticpuntoitti!) ma nessuno la vuole sia per il suo aspetto non propriamente da vamp sia perchè si è guadagnata fama di jettatrice, Olivia si è sposata col più bel pescatore del paese ma la sua testa è un florilegio di protuberanze ( dicansi corna) e lei non ne può più. Anzi quando va nella grotta del marito a chiedere un chiarimento scopre che è anche un rapinatore di banche e lo uccide con una pistolettata in fronte, più per caso che per volontà. Le altre due hanno assistito, c'è un mucchio di soldi in ballo che ha lasciato il fedifrago rapinatore e le tre donne, pur nella loro assoluta diversità, sono costrette a diventare "amiche". Da morire.
Ogni tanto fa piacere parlare bene di un film italiano che risulti in qualche maniera piacevole ed emerga dallo sconfortante panorama cinematografico italiano.
E' il caso di questo Amiche da morire, debutto al cinema di Giorgia Farina che lo ha anche cosceneggiato, che riesce a distinguersi in un asfittico cinema italiano per suoi meriti e non per mancanza di concorrenza .
Una commedia al femminile, merce non comunissima al cinema, italiana per giunta, che fa leva su tutti gli stereotipi possibili e immaginabili del maschio italico, vero animale da esposizione, qui sbertucciato alla grandissima in un film che parla di sud e di meridione, una specie di limbo sospeso tra pratiche arcaiche e mefistofeliche modernità, da una prospettiva assolutamente femminile e femminista.
Gli uomini sono ottusi, sessisti e fondamentalmente stupidi se è vero che solo il commissario riesce minimamente a capire il gioco delle tre prima di essere deviato per altri lidi dalla sua carica ormonale.
E le donne del paese hanno tutte mille occhi e mille orecchi, tutte pettegole e linguacciute.
Giorgia Farina gioca anche su stili e aspetti fisici delle sue tre ottime protagoniste: la parte della prostituta a una Gerini prorompente, la parte della moglie virginea ( fa anche la depositaria delle chiavi del santo) alla diafana Capotondi che sfoggia un accento siculo da esportazione, lo stesso messo in mostra dalla Impacciatore, bravissima come al solito, che con la sua cascata di capelli neri corvini e i suoi lineamenti marcati , agghindata in una certa maniera ha proprio il physique du role della jettatrice.
La struttura del film ricorda un po' quella delle commedie anglosassoni ambientate in provincia, con sfumature noir, in cui la verdissima campagna inglese è sostituita dall'assolato panorama pugliese ( il film è girato in Puglia anche se si parla di un'isoletta siciliana e i locali parlano siculo).
Farsa e tragicommedia vanno a braccetto, omicidi e risate, tra un morto ammazzato e una processione del santo , la strana amicizia cresce col passare dei minuti e si dimostra a tenuta stagna anche contro le anziane linguacciute che si chiedono cosa abbiano da spartire tra di loro tre donne così diverse.
Le tre protagoniste mostrano una discreta alchimia tra di loro mostrando tutta la loro verve comica in un film che passa velocemente e diverte in maniera semplice, con delle gags efficaci.
Fondamentale l'apporto dei comprimari, soprattutto il coro femminile formato dalle anziane del paese , un coacervo di voci e volti senza il quale il film avrebbe perso molta della sua vis comica.
Comunque una visione piacevole , colorata e che si sposa bene con la canicola estiva.

( VOTO : 6,5 / 10 )

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sabato 17 agosto 2013

Pain & Gain - Muscoli e denaro ( 2013 )

Daniel Lugo, culturista che fa il trainer in una palestra di Miami, la Sun Gym, è stanco della sua vita fatta di pesi, steroidi e donne obese da rimettere in forma. Vuole vivere la sua personalissima versione del Sogno Americano e così mette al corrente due suoi conoscenti, Adrian Doorbal, uno che a furia di farsi di steroidi per ingrossare i muscoli ha seri problemi di impotenza, e Paul Doyle, appena uscito di prigione, criminale di mezza tacca che fa convivere le sue attività criminali con una specie di vocazione religiosa.
Lugo ha una splendida idea in testa: rapire un facoltoso cliente della palestra, spingerlo a firmare la cessione di tutte le sue proprietà a lui e godersi assieme ai suoi amici il frutto della malefatta dopo aver fatto sparire il rapito.
Procedono ma tra il dire e il fare c'è di mezzo l'oceano e gli steroidi di cui si imbottiscono non è che facilitino le funzioni cerebrali....
Pain & Gain - Muscoli e denaro celebra il ritorno di Michael Bay ( detto maicolbei ) a un cinema di dimensioni produttive molto più contenute , circa 25 milioni di dollari che sono sempre tanti ma in confronto ai budget con cui è abituato a lavorare sono praticamente una bazzecola.
Il suo stile muscolare è sempre lì, fatto di dolly acrobatici e di estenuanti carrelli circolari ma almeno il frastuono metallico di Transformer(d)s è relegato in un angolino dell'orecchio.
Perchè anche questo è un film che fa rumore ma lo fa in maniera un po' diversa, qualcosa di più genuino.
Non avrei mai detto di pronunciare nella stessa frase Michael Bay e bel film.
Perchè stavolta ha fatto un bbbb.....film....
Cioè volevo dire che Pain & Gain- Muscoli e denaro è un bbbbbb... spettacolo....
Vabbè non ci riesco.
Diciamo che al di là dei suoi difetti mi sono divertito e pure parecchio con questo film, l'ennesima versione di un Sogno Americano stavolta snaturato,decerebrato e annebbiato dagli steroidi come le menti dei tre banditi che messe insieme fanno più danni di una catastrofe nucleare.
Del resto se il loro capo, che è quello che ha le idee più brillanti, è uno che dice di chiamarsi Daniel Lugo e di credere nel fitness...che cosa ci dobbiamo aspettare?
La cosa che fa riflettere di questo film è che sia tratto da una storia vera, portata alla luce da un giornale, il Miami New Times che ha parlato per la prima volta della banda dei culturisti della Sun Gym.
Vien da pensare subito che la realtà supera come al solito la più fervida delle immaginazioni e ben si capisce come una storia come questa, cinematografica come poche, possa attirare la fantasia di registi e sceneggiatori.
C'è tutto: dalla farsa alla commedia, dalla demenza pura alla furia assassina, donne , macchine veloci, droga , bikini fosforescenti che lasciano poco spazio all'immaginazione e chi più ne ha più ne metta..
E c'è un analisi sociale impietosa se è vero che il rapito dopo cinque minuti vien voglia di passarlo al microonde e i tre banditi alla fin fine risultato dei ragazzi simpatici e alla mano in un totale ribaltamento dei ruoli..
Col vizietto dell'omicidio e dell'estorsione ma son quisquilie.
Certo Michael Bay non è Tarantino, aspira allo stile di Michael Mann nel suo Miami Vice avvicinandosi solo esteriormente e non vale nemmeno un unghia dei Coen ( i riferimenti più vicini) che con una storia come questa avrebbero sguazzato letteralmente come bambini felici, anzi ha uno stile registico ipervitaminizzato come quello del fu Tony Scott , eppure questo film funziona, ti fa passare due orette nel sollazzo assoluto.
E per uno che è abituato a stordire gli spettatori a colpi di ferraglia arrugginita , non è un cattivo risultato.
Ho avuto anche modo di leggere la storia di Daniel Lugo and company e un'altra riflessione mi vien da farla: il film è tratto da una storia vera , però molto aggiustata cinematograficamente e in una particolare sequenza compare la scritta " questa è ancora una storia vera".
La cosa bella è che quella particolare sequenza in cui si dice che quella è ancora una storia vera è totalmente inventata dagli sceneggiatori. E qui viene in ballo il solito dicorso di realtà e illusione  e di come il cinema riesca a sfumarne i contorni. In maniera adorabile.
Certo son particolari ma andando a rileggere la storia vera di Pain & Gain - Muscoli e denaro si scoprono tante cosette interessanti: il vero Lugo non ha conosciuto la sua vittima in palestra, non era single ma con una moglie e un ex moglie alle spalle,entrambe con un piccolo ruolo nella storia, non è lui che uccide il mafioso nella sua casa ma Doorbal, è stato sempre Lugo e non Doyle a cuocere al barbecue le mani del mafioso e della sua donna slava, non è stato arrestato in un rocambolesco inseguimento alle Bahamas ma dentro un albergo, il personaggio di Paul Doyle, interpretato da The Rock, non ha un corrispettivo reale ma è la sintesi di altri tre personaggi coinvolti nella storia.
Positive le prove degli attori: Wahlberg è pompatissimo ma quando appare in scena The Rock sembra rachitico.
E The Rock sta miglorando parecchio anche come attore.
Ecco , questa sono riuscita a dirla e non me lo sarei mai aspettato....

( VOTO : 7 + / 10 ) 

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