I miei occhi sono pieni delle cicatrici dei mille e mille film che hanno visto.
Il mio cuore ancora porta i segni di tutte le emozioni provate.
La mia anima è la tabula rasa impressionata giorno per giorno,a 24 fotogrammi al secondo.
Cinema vicino e lontano, visibile e invisibile ma quello lontano e invisibile un po' di più.

domenica 31 maggio 2015

Storie pazzesche ( 2014 )

Film argentino ad episodi, sei per la precisione: il misterioso signor Pasternak ha riunito tutti coloro che lo hanno conosciuto e in qualche modo danneggiato su un aereo e lo fa schiantare sull'ospizio dove vivono i suoi genitori all'origine di tutti i suoi problemi, un usuraio si ferma in un ristorante dove viene riconosciuto dalla cameriera a cui ha rubato un sacco di soldi e la cuoca lo vuole avvelenare facendo finire tutto a coltellate, due uomini su una strada poco trafficata daranno origine a un duello rusticano per un semplice sgarbo automobilistico e finirà male per entrambi, un esperto di demolizioni a cui i vigili urbani fanno sempre rimuovere la macchina in divieto di sosta dopo aver perso moglie e lavoro per via della sua protesta dai vigili ( spaccando un vetro con un estintore, storia poi andata su tutti i giornali), decide per l'ultima volta di farsi rimuovere l'auto ma la lascia con un bel carico di esplosivo nel bagagliaio. Esplode nel deposito senza fare vittime e lui diventa un eroe popolare.
Il rampollo di una ricco famiglia investe e uccide una donna incinta. Il padre d'accordo con l'avvocato propone al giardiniere di assumersi la colpa in cambio di denaro e arriva anche a corrompere il procuratore che si era accorto che non poteva essere stato il giardiniere.Sfiorata la crisi perché il padre si accorge che procuratore, avvocato e giardiniere vogliono solo spillargli soldi e il ragazzo vuole assolutamente confessare, alla fine il giardiniere viene portato via in manette ma il marito della donna uccisa lo affronta e lo uccide a martellate.
Infine a una favolosa festa di matrimonio la sposa si accorge che il neomarito ha un 'amante presente al pranzo e tenta il suicidio, viene convinta a non farlo dal cuoco con cui poi fa sesso e viene scoperta dal marito a cui promette una vita matrimoniale futura fatta di tradimenti e umiliazioni.
Ma poi la passione prevale.

Storie pazzesche ( ma anche qui il titolista italiano è stato diabolico nel modificare il titolo che originariamente suona come Storie selvagge, come anche da titolo internazionale e il cambio di aggettivo è importante sostanzialmente perché come si vede dai titoli di testa gli umani sono equiparati senza mezzi termini ad animali selvaggi, sia prede che predatori) , film scritto e diretto da Damian Szifron è il film che ha concorso all'ultima notte degli Oscar per l'Argentina.
Prodotto da Pedro Almodovar da una parte ne mutua il gusto per l'eccesso e per il grottesco soprattutto dei suoi primi film, dall'altra recupera con un certo gusto e un impronta decisamente più autoriale la vecchia tradizione della commedia ad episodi che ha caratterizzato un lungo periodo del cinema italiano.
Dicevamo con maggiore impronta autoriale, una tendenza che si accentua con il passare dei minuti in cui si rende molto più evidente l'interesse per la forma che non per la sostanza.
Gli episodi diventano man mano più lunghi e si ha la sensazione che non abbiano tutto il fiato necessario per mantenere alta l'attenzione dello spettatore ( e questo vale soprattutto per l'ultimo episodio che a conti fatti è il peggiore).
Fulminante l'incipit con Pasternak, un pugno di minuti prima dei titoli di testa che si presenta come un manifesto programmatico di tutto il film , una scheggia velocissima di folliadi commedia nera al vetriolo e di grottesco che non dà quasi il tempo di accorgersi di quello che sta accadendo.
Bello anche l'episodio con Ricardo Darin versione Unabomber in cui si abbandona per un attimo il tono grottesco per fornire un quadro abbastanza realistico della situazione sociale argentina, come minimo complessa, dai rapporti personali ai rapporti con le istituzioni cieche e sorde alle istanze dei cittadini e sono interessanti anche i due episodi più "tarantinati", quello dell'usuraio e quello del
duello all'ultimo sangue tra i due automobilisti, entrambi ambientati in una dimensione quasi astratta ( una tavola calda senza clienti il primo, una strada senza traffico il secondo in mezzo a un paesaggio quasi desertico per quanto secco e brullo) efficaci proprio per il loro gusto per l'eccesso e il loro non arretrare di fronte a nulla.
Mostrano alla perfezione quell'equivalenza tra uomini e animali selvaggi vista nei titoli di testa, i protagonisti di entrambi gli episodi soccombono ben presto ai propri istinti ferini perdendo progressivamente la propria umanità intesa come capacità di ragionamento di fronte a quello che sta accadendo. Nei due episodi succitati invece prevale l'istinto di vendetta, costi quel che costi.
Un po' troppo apologo contro la grettezza umana l'episodio del ragazzo che investe la donna incinta e poi scappa: ci esce quasi la situazione comica vedendo soprattutto come sono caratterizzati il personaggio dell'avvocato e del giardiniere ma c'è poco da ridere. Storie come questa ce ne sono state e continueranno a esserci finché esisteranno disparità sociali così accentuate.
Finale sensazionalistico e un po' troppo semplicistico che risolve un episodio in cui si sottolinea pedantemente il ruolo del denaro nella società contemporanea.
Peccato per l'ultimo episodio, il più lungo, il più ambizioso ma anche il meno riuscito nonostante l'occasione fosse ghiotta.
Cinema e matrimoni si accoppiano benissimo e hanno dato esiti memorabili da Altman fino a Vinterberg passando per tanto cinema di ogni genere ( dalla commedia slapstick a quella con dosi generose di veleno fino ad arrivare al dramma).
Qui si esagera forse con il veleno e si accentua un po' troppo il tono grottesco di tutta l'operazione.
Se fosse durato alcuni minuti meno sarebbe stato molto più efficace.
Nel complesso Storie pazzesche funziona a corrente alternata ( ma credo che sia abbastanza normale in un film ad episodi) e si rivela un po' troppo lungo per tenere desta l'attenzione fino alla fine.
Peccato anche per la disposizione degli episodi che non aiuta di certo: il film spara le sue cartucce migliori all'inizio , diciamo fino all'episodio che vede protagonista Ricardo Darin, attore sempre sublime.
Poi il declino inarrestabile.
Comunque un film che vale la visione anche se non mi sembra di aver assistito a tutto questo capolavoro come ho letto da altre parti.


PERCHE' SI : film a episodi, Ricardo Darin, impronta autoriale su una commedia che avrebbe potuto essere molto più becera
PERCHE' NO : , qualche sforbiciata avrebbe giovato, sbagliata la disposizione degli episodi ( i migliori sono tutti all'inizio), più aumenta l'ambizione più diminuisce la qualità ( si veda l'episodio finale)


LA SEQUENZA : più che una sequenza sola un intero episodio, peraltro brevissimo: Pasternak piazzato strategicamente prima dei titoli di testa.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

da questo film e non solo ho capito che la scena cinematografica argentina ci può regalare sempre delle grandi perle.
Ricardo Darin è attore sempre sublime.
In fondo Argentina e Italia non sono così differenti.
Le corna non hanno nazionalità.


( VOTO : 7 / 10 )

 Wild Tales (2014) on IMDb

sabato 30 maggio 2015

The Lazarus effect ( 2015 )

In un'università californiana un team di ricercatori formato da Frank, da Zoe che è anche sua fidanzata e dai giovani Clay e Niko, mette a punto un siero che migliora l'attività cerebrale dei pazienti in come profondo.Quando una studentessa, Eva, si unisce a loro per filmare gli esperimenti è subito chiaro che quel siero ha attività molto maggiore rispetto al preventivato.
Decidono di sperimentarlo su Rocky, un cane appena morto e il siero lo riporta in vita.
Tutto bene quindi?
Ecco bene ma non benissimo. Il siero non è metabolizzato dal cervello di Rocky e rimane nel  suo cervello ad aumentarne incredibilmente l'attività elettrica, il cane perde progressivamente l'appetito e manifesta episodi di aggressività incontrollata.
La preside della facoltà li solleva dai loro esperimenti vista la piega che hanno preso ( ma in realtà quel siero fa gola a molti) e loro tentano di testare ancora una volta il siero in una sortita notturna al loro laboratorio prima che venga smantellato definitivamente..
Una scarica elettrica però uccide Zoe durante l'esperimento e Frank decide di testare il siero su di lei....
Dall'alba dei tempi, da quando esiste, l'uomo ha sempre cercato di sfuggire al suo destino di essere mortale: un tema che si è portato dietro in filosofia , in letteratura e al cinema.
Oltre che di immortalità parliamo della volontà spasmodica di conoscere cosa c'è dietro quella linea che separa la morte dalla vita e se quella linea è possibile valicarla in qualche modo nel senso contrario a quello normale.
Era questa l'ossessione del dr Frankenstein, era questo il fine ultimo del team di giovani studenti bellocci che faceva gli esperimenti su quel limbo che separa la vita biologica dalla morte in Linea Mortale, cult anni '80 firmato da Joel Schumacher, era questo il segreto racchiuso nei terreni K del magnifico Zeder, horror padano firmato da Pupi Avati, era questa l'ultima spiaggia dei genitori di Pet Semetary, prima libro di Stephen King e poi film di Mary Lambert, disposti a tutto  pur di riavere indietro loro figlio .
Ed è questo il tema portante di The Lazarus effect , regia firmata dal carneade David Gelb, al suo attivo corti e documentari in video, sceneggiatura firmata da Luke Dawson e Jeremy Slater , anche loro non precisamente degli scrittori affermati.
Il tutto sotto l'egida della Blumhouse productions del puzzone Jason Blum che con un budget di poco più di tre milioni riesce a confezionare questo horror da rilasciare nella sale cinematografiche americane dove ha incassato qualcosa come 25 milioni.
Un incasso basso per gli standard hollywoodiani ma che è sempre circa 8 volte il costo di produzione, quindi assolutamente redditizio.
The Lazarus effect punta molto sul cast : gente come Mark Duplass, Olivia Wilde ma anche l'emergente Sarah Bolger sono lussi che molti film horror non si possono permettere.
Inoltre la prima parte, quella inerente l'esperimento sul cane, è vivace, con una suspense maneggiata con discreto senso dello spettacolo e ha un approccio scientifico sufficientemente credibile e circostanziato.
E sicuramente i protagonisti non sono i soliti bimbominkia che di solito affliggono questo tipo di produzioni, carne da macello involontaria da sacrificare al primo mostro che passa.
Un altro punto a favore è la confezione che lo fa apparire molto più costoso di quello che è e questo è dovuto anche ad un suo piuttosto parsimonioso degli effetti speciali.
Almeno nella prima parte.
Il film poi invece precipita in una seconda parte che spesso esonda nel ridicolo involontario quando Frank decide di testare il siero sulla sua Zoe.
Si scivola nello stereotipo  e nella caciara dell'effettaccio facile , non c'è più approccio scientifico che tenga e anche quel barlume di intelligenza che si riscontrava in dialoghi non sempre banali, viene spento definitivamente , immolato all'altare dello spavento preconfezionato ad esclusivo uso e consumo del teenager brufoloso che affolla le sale cinematografiche americane.
Un vero  peccato perché le possibilità di creare qualcosa di nuovo e di stuzzicante c'erano tutte, per una volta  c'erano buoni attori e non guitti di quarto ordine e soprattutto personaggi che perlomeno avevano una sufficiente caratterizzazione.
Meno male che l'agonia dura poco perché in meno di 80 minuti finisce tutto.
Finale apertissimo, anche di più , a un possibile seguito.
E se queste sono le premesse , spero che qualcuno lassù impedisca lo scempio.


PERCHE' SI : attori sopra la media del genere, qualche dialogo non banale, personaggi sufficientemente caratterizzati, una prima parte che ha un approccio scientifico credibile e circostanziato.
PERCHE' NO : seconda parte che scivola nel ridicolo involontario, spaventi preconfezionati,  nella seconda parte sparisce tutto quello che di buono c'era nella prima.


LA SEQUENZA : la lotta tra Frank e Zoe.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

E' sempre un piacere rispolverare vecchie tematiche horror come queste.
Olivia Wlde e Sarah Bolger sono due grandi bellezze.
Non le vedo però adattissime al genere.
Devo andare a ritrovare la Vhs di Linea Mortale e Pet Semetary e fare un ripassino.


( VOTO : 5 / 10 ) 

The Lazarus Effect (2015) on IMDb

venerdì 29 maggio 2015

No tears for the dead ( 2014 )

Gon è un bambino sudcoreano che viene abbandonato dalla madre  subito dopo essere emigrato negli Stati Uniti. Cresciuto in ambienti poco raccomandabili è diventato col tempo uno stimatissimo sicario  al soldo della mafia ma in una missione compie un errore grossolano uccidendo una bambina.
Entra in una spirale depressiva, in una crisi personale profonda, non vuole fare più il sicario ma è costretto , suo malgrado ad accettare una missione, in Corea , L'ultima secondo il suo capo.
Ma, ironia della sorte, il suo bersaglio è Mo-gyeong, giovane manager d'assalto di una ditta di investimenti che sta affogando nel superlavoro, negli ansiolitici e nell'alcool la perdita del marito e della figlia.
Uccisi da Gon nella missione che lo ha quasi mandato al manicomio.
Gon non è l'unico a cercarla, la donna è al centro di un intrigo molto più grande di lei e Gon, alla ricerca di redenzione, diventa il suo angelo custode.
Jeong -beom Lee è un giovane regista sudcoreano che con No Tears for the Dead arriva al terzo film. La sua carriera è cominciata nel 2006 con Cruel Winter Blues , storia di un gangster  pagato per uccidere una persona ma che si ritrova ad avere molti problemi di coscienza ( prima o poi ne parleremo più diffusamente), è proseguita nel 2010 con il grande successo al botteghino di The Man from Nowhere storia di un uomo in rotta col suo passato da agente dei servizi speciali che trova una ragione di vivere nel proteggere una bambina da una banda di spacciatori e trafficanti d'organi ( di cui abbiamo parlato qui ) ed  è giunta al terzo film con questo No tears for the dead, storia di un gangster in cerca di un  percorso salvifico di redenzione.
Già solo a leggere le sinossi che ho brevemente riportato si avverte decisa una certa continuità nelle tematiche trattate dal regista.
Siamo sempre nel mondo del thriller torbido, nei meandri dell'action pirotecnico ( soprattutto il secondo e il terzo film perché il primo si adattava ai ritmi placidi della campagna coreana) ma c'è una forte componente psicologica che anima i protagonisti come marionette guidate dai fili della propria coscienza.
Si intravede sempre una ricerca spasmodica di una strada per la redenzione , per la riabilitazione della propria coscienza, in un modo e nell'altro e se questo rappresenta fino ad ora un tratto distintivo del cinema di Jeong-beom Lee, alla lunga ne potrebbe diventare un limite.
La storia raccontata da No tears for the dead risulta in effetti un po' troppo simile a quella di The Man from Nowhere e le dinamiche che animano i vari personaggi , si veda il ritratto di Mo-.gyeong madre affranta e distrutta dalla perdita , arrivano a rasentare lo stereotipo e si richiamano, vale in special modo per la figura di Gon, il vecchio ma non invecchiato, glorioso, cinema Hong Kong anni '80 e '90 a cui questo film si ispira e di cui The Killer di John Woo è un punto di riferimento praticamente obbligatorio.
Da una parte abbiamo il killer in crisi di coscienza che si trasforma dopo un 'inevitabile crisi personale in un angelo custode della sua vittima contro le triadi , dall'altra una madre che non riesce a metabolizzare la perdita delle sue due figure di riferimento, il marito e la figlia .
Quello che riscatta No tears for the dead dalla medietà  che fa rima con mediocrità, è lo stile acrobatico e adrenalinico con cui è girato.
Sulla locandina c'è un rimando alle scene action di The Raid 2, fino ad ora la pietra di paragone dell'action  orientale e devo dire che non è del tutto azzardato.
Le sequenze di lotta e di inseguimento girate da Jeong-beom Lee sono cristalline, concitate ma si comprende tutto benissimo, le coreografie sono intricate ma assolutamente perfette, c'è un pugno di sequenze che ti fa salire il cuore in gola fin dietro le tonsille.e poi te lo fa ridiscendere fin quasi sullo stomaco per come sei sballottato e preso letteralmente a calci nel culo.
Un po' come succedeva in The Raid 2 ma nel film di Evans succedeva per due ore e dieci filate, qui diciamo che c'è qualche intervallo utile per riprendere fiato.
Il picco assoluto è raggiunto in una sparatoria all'interno di un piccolo appartamento, una sequenza che per certi versi ricorda la selvaggia scena del taxi in I Saw the Devil del funambolo Kim Jee Won.
Lunghissimo il duello finale, forse un filo troppo lungo ma si rimane incollati alla poltrona per vedere come diavolo va a finire.
E naturalmente non aspettatevi il classico finale tutto rose e fiori di parecchi film hollywoodiani.
Sono curioso di vedere il nuovo  di Jeong-beom Lee per appurare se riesca o meno ad affrancarsi da ispirazioni fin troppo visibili e da tematiche che al quarto film di seguito risulterebbero come minimo incancrenite.
Spero però di non attendere altri quattro anni....



PERCHE' SI : la regia è adrenalinica , sequenze al cardiopalma, senso dello spettacolo ad altissimi livelli
PERCHE' NO : decisamente più forma che sostanza ( ma una forma di questo livello basta e avanza ), fonti di ispirazione fin troppo visibili, protagonisti che rasentano lo stereotipo.


LA SEQUENZA : ce ne sono tante ma la sparatoria nell'appartamento le batte tutte...


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Il mio spacciatore di cinema coreano è stato in ferie per troppo tempo.
La mia passione per il thriller coreano è sempre viva e calcia fortissimo.
L'industria cinematografica sudcoreana non ha nulla da invidiare a Hollywood.
Non capisco perché molti rifiutino il cinema orientale quasi per principio.


( VOTO : 7 / 10 ) 


No Tears for the Dead (2014) on IMDb

giovedì 28 maggio 2015

Area 51 ( 2015 )

Tre complottisti in vena di scoprire gli altarini che il governo americano nasconde nel deserto del Nevada, riescono a infiltrarsi nell'Area 51 con delle tute al freon che non fanno rilevare il loro calore corporeo. Una volta dentro i laboratori scoprono delle tecnologie molto più avanzate di quello che pensavano di trovare e soprattutto devono fuggire per salvarsi da un'oscura presenza che li minaccia.
Ma potrebbe non bastare...
Formato : found footage.
Regista : Oren Peli
Produzione : Blum Productions.
Ecco, credo di avere già detto tutto.
Quando un miracolato ( da Spielberg) come Oren Peli che ancora sfrutta il successo dell'infame saga di Paranormal Activity incontra un produttore senza scrupoli come Jason Blum che per principio investe nei film che produce al massimo 5 milioni di dollari, beh allora l'infamata cinematografica è dietro l'angolo.
E si chiama Area 51.
Mi rifiuto di credere che questa cosa, chiamarlo film è un po' troppo, sia costata cinque milioni, se così fosse bisognerebbe allertare l'FBI per sapere nelle tasche di chi sono andati a finire questi milioncini.
Area 51 è un found footage nel senso deteriore del termine che per quasi un'ora mena continuamente il cane per l'aia annoiando perniciosamente e cercando di confezionare il più elegantemente possibile il vuoto pneumatico che lo caratterizza , per l'ultima mezz'ora si comporta come un Chernobyl Diaries qualunque. quindi confusione a manetta, buio e immagini sfocate che dovrebbero incutere timore ma in realtà si rivelano presto per quello che sono: una grandiosa presa per il culo dell'ignaro spettatore.
Interessante vedere la genesi di questo progetto che va in giro addirittura dall'autunno del  2009 , scritto da Christopher Denham ( sceneggiatore e regista di Preservation) e poi rimaneggiato prima nel 2011 finché non è stato assunto Oren Peli per rigirare alcune scene e completare il progetto che è stato terminato nel 2013. Quindi ha preso la polvere per due anni nel fondo del magazzino di Blum fino a che misteriosamente è stato riesumato per un'uscita limitata nelle sale americane.
Questo per dire che non mi sembra che si puntasse troppo sul progetto a partire dagli stessi promotori.
E mi pare che ci avessero visto giusto: continuo a pensare che il genere del found footage abbia interessanti potenzialità nel genere horror, ma se continuano a servirci questa monnezza infiocchettata da new sensation , anche gli spettatori prima o poi si stuferanno.
E spero che lo facciano quanto prima
.
Altro fattore importante per la riuscita o meno di un found footage è la sua verosimiglianza.
Qui siamo veramente al livello zero , non si può credere un solo secondo a quello che si vede.
Soprattutto non si riesce a credere che tre minchioni qualunque come i protagonisti di questo film riescano a infiltrarsi praticamente senza colpo ferire in quello che dovrebbe essere uno dei posti più protetti dell'intero globo terracqueo e soprattutto non ci si può bere che una volta dentro praticamente non incontrino nessuno , neanche uno straccio di servizio di sicurezza.
A livello cinematografico non c'è nulla di cui parlare, è un film che dura 90 minuti scarsi ma sembra che duri il doppio, si guarda in continuazione l'orologio giusto per vedere quando finirà l'agonia.
E comunque vada , finirà sempre troppo tardi.
A quanto si vede non si sono sprecati troppo neanche per la locandina , veramente pessima.
Candidato sin da subito ad essere uno dei peggiori film dell'anno.


PERCHE' SI : l'Area 51 è un mistero pieno di fascino che qui rimane sulla carta. Non sperate di trovare spiegazioni di alcun tipo.
PERCHE' NO: un po' tutto, prendete tutto il peggio del genere e inseritelo in questo film, il vuoto pneumatico.


LA SEQUENZA : non ce ne sono di memorabili, diciamo quella del finale che nel suo assoluto  nonsense è la meno peggio.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Se Oren Peli in prima persona fino ad ora ha diretto solo due film, un motivo ci deve essere.
Continuo a imbattermi in pessimi found footages ma continuo imperterrito a vederne.
L'accoppiata Oren Peli e Jason Blum si è dimostrata micidiale come previsto.
La prossima volta che vedrò il nome di Oren Peli scapperò a gambe levate.


( VOTO : 2 / 10 ) 


Area 51 (2015) on IMDb

mercoledì 27 maggio 2015

Third Person ( 2013 )

Michael è uno scrittore di successo che ormai ha perso il tocco magico del suo primo romanzo e sta cercando disperatamente di ritrovarlo per finire il suo nuovo libro. In crisi con la moglie per motivi imprecisati è a Parigi accompagnato dalla giovane e ambiziosa Anna, aspirante scrittrice  che tra una schermaglia amorosa e l'altra cerca di farsi dare una mano per scrivere il suo libro.
A Roma Scott perde letteralmente la testa per la rom Marika che gli racconta di sua figlia tenuta in ostaggio da un piccolo boss locale. Lui tira fuori tutti i soldi che riesce a procurarsi per pagare quello che assomiglia tanto a un riscatto ma è vittima di un continuo gioco al rialzo.
A New York Julia, ex attrice di soap operas e ora donna delle pulizie per sbarcare il lunario, lotta assieme al proprio avvocato, per ottenere l'affidamento del figlio dopo un non meglio precisato incidente domestico.
Dopo circa dieci anni Paul Haggis, forse lo sceneggiatore più famoso al soldo dell'industria hollywoodiana, torna sul luogo del delitto, si fa per dire, o meglio dalle parti del film che lo ha fatto diventare anche regista di fama, portandosi a casa  un bel gruzzoletto di premi, tra cui tre Oscar ( miglior film , miglior sceneggiatura e miglior montaggio), quindi mica pizza e fichi.
Stiamo parlando di Crash, film caleidoscopio sulle vite di vari cittadini a Los Angeles.
Qui Haggis ritenta il colpo con un film che racchiude tre storie, ma in realtà i personaggi scansionati dalla sua macchina da presa sono molti di più, ambientate in tre città profondamente diverse che sono tenuti insieme da un tema comune che è quello dell'amore.
Amore frizzante e clandestino tra un maturo scrittore in crisi e una giovane alla ricerca del successo in campo letterario, amore di una madre che cerca di rivedere il figlio che un tribunale e le vicende amare di una vita di insuccessi le hanno negato, infatuazione di un uomo per una ragazza bellissima che forse lo sta semplicemente utilizzando come bancomat personale.
Se in Crash l'effetto soap opera era attenuato da una sceneggiatura più precisa di un cronografo svizzero e non si vedeva letteralmente l'ora di vedere come andasse a finire, qui appare tutto più sfilacciato, indeciso, impreciso.
Il massimo dell'attenzione non viene catturato mai.
E'strano vedere Liam Neeson, eroe action da qualche anno a questa parte,  che mostra alla telecamera tutti i suoi anni, un po' flaccido e prigioniero di una sbarbina avvenente e che tende a prenderlo un po' per i fondelli,è triste vedere uno come Adrien Brody, uno dei migliori attori della sua generazione, cercare disperatamente il film giusto per rilanciarsi ( la maledizione dell'Oscar? ) in una carriera ricca di buoni film alternati a tanta immondizia, ci si perde quasi negli occhioni di Mila Kunis, madre disperata prigioniera di un passato inconfessabile.
Forse il problema principale di Third Person è che non si riesce ad intuire il dramma che sta dietro ad ogni personaggio, il pregresso a cui viene continuamente accennato ma che non viene mai spiegato a chiare lettere, un pregresso che condiziona pesantemente il presente  come un macigno, ma dai contorni indefiniti.
Non sono un maniaco dello spiegone a tutti i costi ma perlomeno circostanziare un minimo quello successo in precedenza per cercare di empatizzare i vari personaggi credo sarebbe stata cosa buona e giusta.
In questo modo Haggis tiene lo spettatore a (in)debita distanza impedendogli di fatto di accostarsi al film e a condividere le pene d'amore che racconta.
Amore inteso nell'accezione più larga del termine.
Un amore raccontato nelle sue varie declinazioni per 135 lunghissimi minuti.Tanti.
Troppi.
Si ha inoltre l'impressione che Haggis giochi con lo spettatore in modo un pochino disonesto: il film è fintamente corale perché le storie non  si intrecciano tra di loro sostanzialmente ma solo in un finale su cui si potrebbe stare ore a discutere ( e che personalmente non ho capito, anzi se qualcuno me lo volesse spiegare sono tutto orecchi) sulle ali dell'illusione al punto da far venire il dubbio che in realtà la storia raccontata è una sola e il resto fa parte della fantasia dello scrittore.
Un dubbio che Haggis lascia lì in bella mostra , aumentando la confusione di un film che complessivamente non convince.
Altman è lontano anni luce, ma purtroppo per lui è lontanissimo anche Crash....


PERCHE' SI : la confezione è laccatissima, qualche sussulto nella storia di Julia con Mila Kunis che sfodera una buona prova
PERCHE' NO : troppo lungo, inutilmente criptico, Neeson che abbatte a picconate il suo status da eroe di film action, finale che scatena molti dubbi, noia che affiora in più di un'occasione.


LA SEQUENZA : nella parte ambientata a Roma , stavo quasi collassando nel vedere Scamarcio barista con la maglietta della Roma e un accento coatto tutto da scoprire.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
I luoghi comuni con cui ci vedono gli americani sono durissimi a morire.
Dopo gli ultimi film non riesco proprio a vedere Neeson che si fa maltrattare così da una donna.
Mila Kunis ha degli occhi veramente enormi, quasi da Betty Boop.
Sbaglio o James Franco qui assomiglia tanto, ma proprio tanto a Orlando Bloom versione Elizabethtown?


( VOTO : 5 / 10 ) 


Third Person (2013) on IMDb

martedì 26 maggio 2015

Let us prey ( 2014 )

Rachel è al suo primo giorno di servizio alla stazione di polizia della piccola città scozzese di Invernee e comincia subito col botto.
Vede un ragazzo investire un uomo sulla cinquantina ma costui sparisce misteriosamente .
Arresta comunque il ragazzo, conosce i colleghi che non sono dei mostri di simpatia, anzi, ritrova anche l'uomo presunto investito.
Lo mette in cella assieme agli altri detenuti della notte ma costui sembra avere il potere di manipolare le menti degli altri.
Sarà una lunga notte per Rachel anche perché tutti quelli che sono all'interno della stazione di polizia hanno qualcosa di terribile da nascondere.
Anche Rachel.

Let us prey è un film che si presenta interessante sin dal titolo: quel prey si pronuncia esattamente come pray ma ha un significato totalmente diverso ( preda invece di pregare e comunque in quella forma lessicale dovrebbe essere usato un verbo e non un sostantivo, quindi  sin dal titolo si è volutamente ambigui giocando con le parole).
E' un film ambientato quasi del tutto all'interno di una stazione di polizia che è situata nel bel mezzo di una città fantasma le cui vie sembrano abbandonate da tutti durante la notte uggiosa ed introduce quasi subito un personaggio ( a dir la verità si intuisce dai titoli di testa visto che arriva col mare in tempesta e con una pletora di corvi che accompagna il suo cammino) che dà poco spazio a dubbi e interpretazioni: è un demone o addirittura il Gran Cornuto in persona.
Brian O' Malley , esordiente nel lungometraggio dopo un paio di corti, gioca subito a carte scoperte.
Dichiara immediatamente il padre putativo di questo film , cioè il Distretto 13 carpenteriano, crea un clima di assedio esattamente come quello ma fa arrivare il nemico da dentro e non da fuori della stazione di polizia.
E lo crea con dei poteri straordinari affidati ad uno dei personaggi preferendo buttarsi a capofitto nell'horror.
Svolta anche semplicistica se vogliamo , ma rischiosa perché il rischio di esondare subito nella caricatura era forte.
E invece Brian O' Malley, grazie anche ad un pugno di attori niente male ( tra cui il magnetico Liam Cunningham nella parte del misterioso , anzi mefistofelico Six e Pollyanna McIntosh nei panni della vigorosa , ma fino ad un certo punto, Rachel), cosa assolutamente non scontata in un film di questo genere, riesce a creare un clima ansiogeno pesantissimo che quasi si taglia col coltello, tiene alta la tensione per tutta la durata del film e porta a casa il risultato anche se nel finale cerca di fare di tutto per buttare tutto alle ortiche.
E qui mi tocca spoilerare per riuscire a spiegarmi.

SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER

Nella seconda parte del film assistiamo alle manipolazioni gentilmente fornite da Mr Six ( il nome del personaggio barbuto che sembra essere il Gran Cornuto in persona) ma soprattutto veniamo a conoscenza del passato recente ma anche lontano di tutti coloro che sono dentro la prigione, poliziotti compresi. Scopriamo che il sergente è un ferocissimo serial killer omosessuale e pedofilo, gli altri due poliziotti, tra di loro amanti, non esitano a calpestare la legge e a usare la violenza per tenere in riga gli abitanti di Invernee ( che poi dove saranno, boh!), la stessa Rachel nasconde un passato di abusi subiti e di fatti traumatici quando era bambina,
Dopo un bailamme sanguinolento scopriamo che Six è venuto per portarsi via tutte quelle anime perdute dietro ai vari peccati,no Brian ti prego! ma soprattutto è venuto per lei , ma perché Brian non ti potevi fermare appena un attimo prima, lei non riesce a resistergli, ti prego Brian fermati non andare oltre, lui la vuole come compagna, ecco Brian hai fatto la frittata, e tutto finisce in un bel bacio in mezzo a fiamme e corvi.
Brian il guaio è fatto; ma non potevi fare come Tornatore in Una pura formalità che lo spiegone te lo ricavavi tu dopo i titoli di coda?

FINE DELLO SPOILER FINE DELLO SPOILER FINE DELLO SPOILER

Insomma cinque minuti finali che avrei volentieri evitato, a volte, anzi quasi sempre, è bellissimo restare nell'indeterminazione, gli spiegoni sono accessori che levano poesia ed efficacia soprattutto ad un genere cinematografico come l'horror che per definizione dovrebbe rimanere ammantato ,almeno molte volte sarebbe auspicabile, nel mistero.
O' Malley che aveva deciso di giocare tutto il film a carte scoperte decide di giocare così anche il finale che però non risulta all'altezza di quanto visto in precedenza.
Let us prey è però un film che assolve perfettamente al suo compito di spaventare e di intrattenere, non risparmiando neanche su effetti splatter di un certo impatto.
Per essere un film coprodotto tra Scozia ed Irlanda e finanziato con i soldi ( due sterline , ma proprio due ) della lotteria mi pare che si spinga ben oltre rispetto a quanto farebbero analoghi cineasti e produttori del Belpaese che accedessero ai finanziamenti statali.
E la domanda sorge sempre spontanea: perché loro si ( e si può dire che non hanno neanche troppi mezzi) e noi no?
Perché i loro horror hanno un look decisamente accattivante, "professionale", e i nostri horror, non che non siano non professionali, hanno un aspetto povero e trascurato a causa di fondi decisamente inadeguati?
Eppure il nostro Stato il cinema lo finanzia a suon di dobloni.
L'impressione è che però vadano nelle tasche di chi non avrebbe bisogno di tali finanziamenti....


PERCHE' SI : look accattivante, attori di buon livello, tensione per tutta la durata , splatter a livelli notevoli nella seconda parte.
PERCHE' NO : finale che rischia di buttare alle ortiche quanto di buono fatto in precedenza, tributo fin troppo evidente a Distretto 13 di Carpenter, film che gioca un po' troppo allo scoperto fin da subito.


LA SEQUENZA : la lotta col sergente totalmente fuori di testa.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE : 

In Irlanda e in Scozia coi soldi delle lotterie ci finanziano cinema di genere e noi niente.
Questo è un film che potrebbe sfruttare un'ambientazione fantastica e invece si rinchiude tra quattro mura, meritoriamente.
Mai fidarsi totalmente dei tutori della legge. Il loro armadio potrebbe contenere scheletri terribili.
Forse questo è l'unico film scozzese o irlandese in cui non c'è neanche una scena al pub.


( VOTO : 6,5 / 10 ) 

Let Us Prey (2014) on IMDb

lunedì 25 maggio 2015

Mad Max : Fury Road ( 2015 )

In un futuro imprecisato in un non mondo sconvolto dall'apocalisse domina Immortan Joe e la sua masnada di predoni che affamano ma soprattutto assetano la popolazione sull'orlo del baratro.
Max è un "donatore di sangue universale" utilizzato per i salassi per far guarire Nux, uno dei Figli della Guerra e viene portato nel viaggio verso Gas Town dove l'imperatrice Furiosa , altra figlia della Guerra che ha scalato molte posizioni nella gerarchia di Immortan Joe, deve portare la blindocisterna per fare rifornimento di carburante.
Ma Furiosa ha altri piani : trasporta clandestinamente alcune donne fertili e in stato di gravidanza per farle fuggire e non segue più la Fury Road.
Immortan Joe scatena l'inseguimento mentre Furiosa e Max stringono una specie di alleanza e anche Nux è dalla loro parte.
Durante il tragitto troveranno anche altri alleati insperati.
La battaglia sarà all'ultimo sangue.
Quando avevo sentito che George Miller avrebbe ripreso in mano la sua creatura dopo trenta lunghi anni per fare un nuovo film a  partire da quell'estetica che allora era rivoluzionaria , hanno cominciato a tremarmi anche le vene nei polsi.
In primis perché non mi piacciono le minestre riscaldate e detesto i ritorni fatti tanto per evocare l'effetto nostalgia e poi c'era una vocina che dentro di me diceva " ma che potrà mai fare un settantenne che sarà pure arzillo ma che è stato messo in disparte dal cinema che conta  da tanti, troppi anni ?"
Dicevano che non sarebbe stato in grado di fare un film decente. Dicevano.
E invece il nostro arzillo settantenne australiano che fa?
Prende a calci in culo tutti i detrattori che parlano prima di vedere , me compreso, manda a fare in culo la mia vocina e mi prende elegantemente a mazzate nei denti come raramente era successo nella mia vita e non solo cinefila.
Chi mi conosce sa che sono metallaro da una vita e che mi piace far sculacciare i miei padiglioni auricolari da chitarrone distorte, bassi pulsanti che sembrano riassestarti il ritmo cardiaco o batterie roboanti che fanno tremare anche i vetri mentre le ascolti.
Ecco è che come se avessi preso dalla mia collezione di cd che conta varie migliaia di pezzi , quello che ritengo il più potente, quello che fa tremare i muri di casa quando lo ascolto anche a volume normale  e avessi messo il volume a palla.
Il grado di esaltazione è lo stesso e ho goduto oltre che nel farmi schiaffeggiare i padiglioni auricolari anche nel farmi fustigare le pupille con un gatto a nove code in preda a convulsioni.
Se mai venissi sottoposto a una cura Ludovico con gli stecchini nelle palpebre, vorrei espiare vedendo in loop questo film.
In realtà la cosa che temevo di più è che il nostro George per fare un blockbuster al passo dei tempi avrebbe usato dosi massicce di computer grafica e per un'estetica come quella di Mad Max per quanto mi riguarda sarebbe stato un errore clamoroso.
Invece Mad Max : Fury Road se ne frega della computer grafica, ma se ne frega alla grandissima , ci regala stunt acrobatici mai visti al limite del sacrificio umano ( spesso mi sono chiesto se quelli erano stuntmen o kamikaze), esplosioni , fumi, sparatorie , combattimenti con le armi più disparate , soprattutto ci regala cinema con C maiuscola perché se definiamo il cinema come arte sequenziale , quindi in movimento, beh, in questo film non si sta mai fermi.
Miller anche a livello iconografico riesce a richiamare il classico  ma allo stesso tempo ci regala un'estetica totalmente nuova, questo è un film stracolmo di invenzioni visive e di accessori di scena da urlo, un fiume in piena di trovate che travolge tutto e tutti.
Come non esaltarsi di fronte alla macchina con i suonatori di tamburo dietro e che davanti ha una specie di mostro con una chitarra che sputa fuoco e fiamme che a confronto Eddie degli Iron Maiden sembra un pucciosissimo orsacchiotto?
Mad Max : Fury Road è l'Ombre Rosse del 2015 , è il western che John Ford avrebbe voluto girare ma non ha mai potuto farlo perché nato troppo presto, è un assalto alla diligenza che dura 120 minuti che lascia stremati dopo la visione.
E rielabora in profondità anche il concetto dell'eroe , ribaltandolo più volte. E' più eroe Max con la sua follia, Furiosa con la sua determinazione o Nux con la sua utopia?
Mad Max : Fury Road è un film che non ha bisogno di parole, lascia parlare le immagini, anzi le lascia urlare a squarciagola per 120 minuti abbondanti, cinema da vedere con le cinture di sicurezza allacciate.
E' frastornante ma è come una sbornia presa con quello buono.
Non mi ricordo di essere uscito da un cinema così stanco fisicamente ma così felice.
Avevo tanta di quell'adrenalina in corpo che se mi avessero fatto un esame antidoping sarei risultato positivo.
L'unica cosa che posso dire è grazie George Miller!!!!
Mea culpa per aver dubitato di te.



PERCHE' SI : tutto, dall'estetica,al ritmo, alle coreografie action, alla regia, al rifiuto della computer grafica.
PERCHE' NO : astenersi critici snob con la puzza sotto il naso, Miller prenderà a calci in culo voi e il vostro naso prezzolato.


LA SEQUENZA :  varie,  la macchina con  i suonatori di tamburo e il chitarrista che fa sputare fuoco e fiamme dalla sua chitarra e l'assalto dei cattivi fissati su delle lunghissime pertiche.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
la prossima volta che dubito di Miller meriterò la fustigazione,
Finito il film avrei voluto rimanere per vederlo ancora.
Il vecchietto Miller ha preso a calci in culo tutto e tutti, compresi tutti quei tirapiedi hollywoodiani manovrati come marionette dagli studios.
Mi sarebbe piaciuto conoscere il bollettino medico del film con tutti quegli stunt al limite del sacrificio umano.


( VOTO : 9 / 10 ) 

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domenica 24 maggio 2015

The Human Centipede III ( Final Sequence) ( 2015 )

Bill Boss è il direttore sessista e razzista di un carcere texano di massima sicurezza. Quando lo informano della rivolta di alcuni detenuti e che uno dei poliziotti è stato pugnalato da un carcerato non trova di meglio che punirlo spezzandogli un braccio.
Il governatore dello Stato , informato della rivolta dà una specie di preavviso di licenziamento a Boss se non mette tutto in ordine nella prigione.
 Dwight,il vice direttore del carcere,  sulla scorta della visione dei primi due film della serie Human Centipede, ( bellissimi per lui, spazzatura per Boss), gli propone il più grande millepiedi umano mai fatto: cinquecento detenuti connessi tramite i loro tubi gastroenterici.
Un'idea folle ma che potrebbe salvargli il  lavoro....
Pochi giri di parole e non vi terrò troppo sulle spine: attendevo questo film con grande trepidazione, essendo convinto e strenuo difensore dei primi due film della serie, e invece si è rivelato essere un diludendo di proporzioni cosmiche , ci sono rimasto malissimo e a Tom Six non perdonerò mai di aver chiuso, forse, questa saga con questo aborto .
The Human Centipede III ( Final Sequence) esattamente come faceva il secondo film col primo, sceglie di non essere un sequel ma di raccontare tutta un'altra storia impantanandosi , ma di brutto , nella acque malmostose della metacinematografia.
Perché se nel secondo capitolo si citava espressamente il primo film semplicemente come punto di riferimento ( e visione compulsiva) del protagonista, qui oltre alla presenza fisica dei due dvd dei film precedenti, arriva in pompa magna il signor Tom Six in persona a permettere ufficialmente lo sfruttamento dell'idea del film.
E come ti arriva conciato il signor Tom Six? Una specie di Clark Gable dei poveri, con baffetto da sparviero, occhialetto da sole da pilota d'aereo della Seconda Guerra Mondiale, tenuta sahariana e fuoriserie sotto il culo , quasi a voler somigliare a un divetto del cinema degli anni '40.
Per uno come me che conosce i primi due film il corto circuito provocato dalla sua presenza è assolutamente fastidioso: in scena vedo il regista dei primi due film e i protagonisti ( separati) dei primi due film a cui sono state assegnate altre parti che sono i  personaggi principali di un 'altra storia che stanno cercando di raccontare.
Mentre vedevo il film avevo un'immagine davanti agli occhi: vedevo davanti a me Tom Six col suo abitino anni '40 e il cappellone mentre , bendato come da regolamento, si esibiva nel gioco paesano della pentolaccia . Avete presente quel gioco da sagra in cui uno bendato ha una mazza in mano e cerca di rompere recipienti di terracotta che sono attorno a lui a mezz'aria?
In questo film Tom Six è come se con questa mazza in mano alla cieca cercasse di percuotere più "pentolacce" possibili, dove le pentolacce sono i sottogeneri del filone horror.
Si parte dal body horror, dal torture porn per arrivare allo splatter estremo , al gore e anche a qualche particolare talmente schifoso che lo scoprirete solo vedendo il film.
Tutto senza il minimo costrutto, perché la cosa vera è che The Human Centipede III ( Final Sequence ) , è di una noia mortale per come non sappia dove andare a parare e che il famoso millepiedi umano è solo uno specchietto per le allodole che nel film ha un ruolo risicatissimo.
In più c'è l'aggravante della recitazione: fatta la tara alla segretaria di Bill Boss che viene dal porno e quindi in un certo qual modo può essere anche giustificata, fatta anche la tara al cameo di Eric Roberts che quasi scompare in un abito di qualche taglia più grande( ma trovare qualcosa che gli stesse un po' meglio era così difficile?)  si sopporta poco il  personaggio untissimo di Dwight recitato da un Laurence R . Harvey ( il protagonista del secondo capitolo , film che gli ha dato notorietà e gli ha fatto iniziare la sua carriera di attore) caricaturale con quel baffetto hitleriano e l'occhio perennemente pallato e non si sopporta affatto un Dieter Laser , nella parte di Bill Boss, che sembra incapace di recitare una battuta senza urlare e senza gesticolare come un ossesso.
Veramente pessimo, l'ultimo dei guitti e da un attore come lui che ha superato la settantina e che nel suo curriculum vanta di aver lavorato con Volker Schlondorff, Margarethe Von Trotta e Istvan Szabo è qualcosa di totalmente inaccettabile.
Manca del tutto la misura e la verosimiglianza in un personaggio grottesco di suo a cui Laser rende un pessimo servizio in collaborazione col suo regista che sembra non accorgersi di nulla.
I primi due film si erano guadagnati l'aura di culto per il loro estremismo concettuale e visivo , qui Six  sceglie un registro ancora diverso, che flirta con la comicità di grana grossissima ma che non fa ridere mai, neanche alle battute politicamente scorrette di Bill Boss, razzista e maschilista come pochi, e che ottiene il risultato di oscurare quello che di buono era stato fatto nei film precedenti.
E' diverso anche il cromatismo : toni freddi e asettici nel primo film, un bianco  e nero molto contrastato nel secondo, le tonalità caldissime del deserto texano in questo terzo capitolo.
The Human Centipede ( Final Sequence) non si riesce a salvare neanche con l'apparizione del millepiedi umano che compare troppo poco e troppo tardi.
Per quanto mi riguarda è da evitare come la peste bubbonica.



PERCHE' SI :  fatico a trovare ragioni per elogiarlo, i rari momenti splatter perlomeno girati con un minimo di decenza
PERCHE' NO : tutto, Dieter Laser è insopportabile, il millepiedi umano compare troppo poco e troppo tardi, si parla troppo e si agisce poco, alcuni particolari veramente schifosi...



LA SEQUENZA :  un'incredibile accoppiamento attraverso una breccia chirurgica e la degustazione di clitoridi umani essiccati da parte di Boss ( comprati sul mercato nero africano).



DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :

Mai avere troppe aspettative per un sequel.
Dieter Laser o si fa pesantemente di psicofarmaci o non c'è più con la testa.
Tom Six si autoincensa fastidiosamente, ma chi si crede di essere?
Vedendo questo film ho rivalutato anche gli esordi di Uwe Boll che a confronto ora è diventato un fine dicitore.


( VOTO : 2 / 10 )

The Human Centipede III (Final Sequence) (2015) on IMDb

sabato 23 maggio 2015

Seria(l)mente : The Enfield Haunting ( 2015 )

Provenienza : UK

Produzione : Eleven films

Distribuzione : British Sky Broadcasting ( BSkyB) , Sky Living

Episodi : 3 da 50 minuti cadauno

Questa recensione non sarebbe stata possibile senza l'ausilio dei sottotitoli forniti dai ragazzi di Subsfactory, autori di un lavoro eccellente e che merita tutto il nostro supporto.

1977 Enfield, sobborgo a nord  di Londra :la casa della famiglia Hogdson, madre con quattro figli piccoli viene sconvolta da strani avvenimenti che sembrano concentrarsi attorno all'undicenne Janet.
Visto l'acuirsi progressivo di questi fenomeni viene chiamato il mite Maurice Grosse , membro di una società non profit che si occupa di paranormale, la Society of Psychical Research, per studiare il caso e vedere se ci sono gli estremi per parlare di poltergeist.
Gli viene affiancato il più giovane e scettico Guy Playfair mentre in casa vengono installati macchinari per rivelare eventuali presenze paranormali.
Che ci sono , forti e chiare.

Sarà necessaria una medium per mettersi in contatto con queste spiacevoli presenze.
Basterà per risolvere il problema?
Se mi parlassero di una miniserie  che affronti il tema dei poltergeist, quindi una ghost story, ambientata negli anni '70, basata su una storia vera e che provenga dalla terra d'Albione, io non resisterei.
Ci devo mettere subito le mani e gli occhi sopra.
Così è stato per questa miniserie inglese di sole tre puntate ( ma perché solo tre, non ci si lascia così presto, amici miei ) per una volta non prodotta da BBC e che è basata sul libro This House is Haunted scritto da Guy Playfair, uno degli esperti del paranormale presente in tutta la vicenda.
Se già cominciaste a storcere il naso perché non c'è la classica , solita , produzione BBC alle spalle di questo progetto, fareste un errore perché questa serie ha una confezione eccellente e un look anni '70 fantastico, studiato nei minimi termini, dagli abiti di scena, agli arredamenti, alle acconciature.
Insomma sembra una produzione BBC a  tutti gli effetti, evidentemente si è arrivati a uno standard produttivo altissimo che non risente delle maestranze coinvolte.
Aggiungiamo anche un cast di livello non alto ma altissimo con un favoloso Timothy Spall nella parte del mite Maurice Grosse che si appropria del suo personaggio con una spontaneità impressionante, un incisivo Matthew Macfadyen nella parte di Guy Playfair e una incalzante Juliet Stevenson nella parte della moglie di Grosse, Betty.
A loro aggiungerei anche la bravura di Eleanor Worthington- Cox, già vista in Maleficent che dà vita al personaggio di Janet, la chiave di tutto, in modo intenso e soprattutto credibile.
La miniserie è basata sul caso del Poltergeist di Enfield ( se vi interessa saperne qualcosa leggetene qui, ma in rete ci sono numerosissimi e molto ben documentati articoli giornalistici inglesi anche molto recenti ), un caso piuttosto controverso che ha tenuto banco nell'opinione pubblica tra il '77 e il '79.
Come ho già accennato una storia con molti appassionati assertori del paranormale assolutamente convinti delle presenze "fantasmatiche" a casa Hogdson ma con altrettanti detrattori che hanno sempre sentito puzza di trucco e di imbroglio.
E in certi frangenti l'atteggiamento della vera Janet e dei suoi fratelli è stato perlomeno curioso ( per esempio fu sorpresa da Grosse a fabbricare delle prove della presenza del poltergeist).
La miniserie firmata interamente da Kristoffer Nyholm ( che ha al suo attivo la serie The Killing, quella originale scandinava) bypassa queste contraddizioni.
Dà per scontato che le presenze ci siano.
Noi siamo catapultati in una casa dove le presenze sono esplicite e innescano il terrore nei modi più disparati.
Nyholm ci racconta una ghost story piuttosto classica, con picchi di tensione elevatissimi inframezzati a pause sempre cariche di thrilling, ma su un impianto narrativo per certi versi già visto altrove riesce a creare una fitta ragnatela di suggestioni che creano un'atomosfera sulfurea, pesantissima da sopportare, dove il terrore si taglia con il coltello.
Gli effetti speciali non sono particolarmente elaborati ma sono efficacissimi e visivamente impressionano anche perché si scatenano in modo improvviso: la paura è attesa ma quando arriva è sempre una discreta mazzata nelle gengive.
Altra carta vincente di The Enfield Haunting è il non soffermarsi solo sul lato horror della vicenda ma esplorare anche il dramma familiare che c'è dietro tutta questa storia.
La famiglia Hogdson è ristretta, non ci sono uomini in casa e Janet è in quel momento delicatissimo che è il passaggio dall'infanzia all'adolescenza ( simboleggiato dal primo ciclo mestruale), gli Hogdson non sono colti né hanno molte disponibilità economiche, sono talmente fragili da poter essere facilmente manovrabili ed è proprio per questo che la loro storia risulta in più punti contraddittoria.
Nella serie lo spazio maggiore è riservato però al dramma intimo, al dolore intenso e lancinante che si porta dietro Maurice Grosse e cioè la perdita di una figlia che guarda il caso si chiamava anche lei Janet.
Spall è interprete sensibile di questo suo dramma, nella sua voce , nelle sue spalle leggermente incurvate, nel suo sguardo spento, traspare questo fardello che porta  con sé in un cuore già deteriorato dall'angina.
Se posso trovare un difetto nel come viene trattato questo aspetto nella miniserie ( da quello che ho letto non ho trovato evidenze che questa parte della storia sia vera) è il fatto che viene utilizzato come una sorta di grimaldello per chiudere il finale in pochissimi istanti, con un passaggio molto brusco dal non sapere nulla al conoscere la soluzione e il modo per allontanare il poltergeist.
Ma son quisquilie, forse è il dispiacere che finisca così presto ...
The Enfield Haunting  è una visione assolutamente consigliata, c'è veramente tanta roba in campo e se come me siete affezionati al Poltergeist di Tobe Hooper (  il primo horror vietato ai minori di 14 anni che vidi al cinema ), a cui questa miniserie rimanda in modo abbastanza esplicito pur con un look ed un ambientazione del tutto diversi, beh non ve la dovete far sfuggire.



PERCHE' SI : basato su un incredibile storia vera su cui andarsi a documentare, ottimi attori, look anni '70 da urlo, tensione sempre alta.
PERCHE' NO : l'impianto narrativo non è nuovo, i rimandi al Poltergeist di Hooper sono fin troppo evidenti, il finale è brusco, troppo breve...


LA SEQUENZA : il primo incontro con la medium: all'inizio tutti pensano che sia solo una cialtrona ( anche lo spettatore) ma poi tutti si dovranno ricredere.


DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
mai scherzare con le case infestate.
Mi piacciono i film basati sulle storie vere perché dopo vado come un ossesso a documentarmi su quello che è realmente accaduto.
Vorrei sapere perché in Inghilterra è un fiorire di queste miniserie di qualità altissima mentre da noi ci propinano sempre la solita fiction cucita su misura per la famigerata casalinga di Voghera.
Più vado avanti e più adoro le serie televisive inglesi.


( VOTO : 8 / 10 ) 


The Enfield Haunting (2015) on IMDb